THE TWITTER FILES IV: “La rimozione di Donald Trump. 7 gennaio”

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Quella che segue è la traduzione integrale della quarta puntata dei TwitterFiles ad opera di Michael Shellenberger. Questo nuovo capitolo è la continuazione delle terza parte pubblicata ieri da Matt Taibbi e narra delle comunicazioni interne avvenute tra i funzionari di Twitter il giorno 7 gennaio, ossia la data che segue i disordini di Capitol Hill del 6 gennaio e precede il giorno in cui verrà presa formalmente la decisione di bannare Trump, l’8 gennaio. Ciò che emerge con chiarezza dalla messaggistica interna dell’azienda è ancora una volta la totale faziosità e arbitrarietà delle decisioni. Le regole di Twitter vengono create ad hoc, ignorate, cambiate, stravolte, interpretate in modo parziale, tirate per i capelli a seconda della convenienza, finendo inevitabilmente per creare non poche disparità di trattamento. La vera domanda che il lettore si pone dopo aver letto quegli scambi di messaggi è come e perché una piattaforma social sia arrivata al punto di poter decidere chi, come e quando abbia diritto di parola in tutto il mondo. Gli alti dirigenti di Twitter si sentono da molto prima del 6 gennaio depositari della missione di “guidare il cambiamento del mondo”, come l’ex responsabile della fiducia e della sicurezza globale Yoel Roth ammetterà nell’aprile 2022. Come già osservava Will Oremus quello stesso 7 gennaio in un articolo su OneZero, “il problema di fondo è che le piattaforme dominanti sono sempre state riluttanti ad ammettere la loro soggettività, perché questo mette in evidenza lo straordinario e illimitato potere che esse esercitano sulla pubblica piazza globale… e pone la responsabilità di quel potere sulle proprie spalle… Quindi, si nascondono dietro un regolamento che cambiano di continuo, alternativamente facendo riferimento ad esso, quando gli fa comodo, o piuttosto nascondendolo sotto il tappeto più vicino quando non gli conviene”.

Donald Trump è stato bannato da Twitter, Facebook and Instagram.
Joaquin Temes

Thread originale: https://twitter.com/ShellenbergerMD/status/1601720455005511680

Thread: TWITTER FILES, PART 4 – The Removal of Donald Trump: January 7

di Michael Schellenberger, fondatore e presidente di Environmental Progress, nominato nel 2008 “Hero of the Environment” dalla rivista «Time», autore di “L’ apocalisse può attendere. Errori e falsi allarmi dell’ecologismo radicale”, lavora come consulente ambientale per i governi di diversi paesi.


A mano a mano che la pressione aumenta, i dirigenti di Twitter sostengono la necessità di un ban permanente. Il 7 gennaio, i dirigenti senior di Twitter:

  • creano giustificazioni per bannare Trump
  • cercano di cambiare le norme solo per Trump, distinguendolo dagli altri leader politici
  • non esprimono alcuna preoccupazione per la libertà di espressione o per le implicazioni democratiche di un ban

Questo capitolo di TwitterFiles è narrato in collaborazione con Leighton Woodhouse. Per chi desidera conoscere i capitoli precedenti, si rimanda a:

Parte I: Matt Taibbi documenta come i dirigenti senior di Twitter abbiano violato le proprie norme per impedire la diffusione di informazioni precise sul laptop di Hunter Biden;

Parte 2: Bari Weiss mostra come i dirigenti senior di Twitter abbiano creato liste nere segrete per “de-amplificare” gli utenti Twitter scomodi, non solo tweet specifici;

Parte 3: Matt Taibbi documenta come i dirigenti senior di Twitter abbiano censurato i tweet di Trump nel periodo precedente alle elezioni del novembre 2020 mentre si incontravano regolarmente con rappresentanti delle agenzie federali del governo degli Stati Uniti.

Per anni, Twitter ha resistito alle richieste di blocco di Trump. “Bloccare un leader mondiale da Twitter”, scriveva l’azienda nel 2018, “nasconderebbe informazioni importanti… [e] ostacolerebbe la discussione necessaria sulle sue parole e le sue azioni”.

Ma dopo gli eventi del 6 gennaio, la pressione interna ed esterna sul CEO di Twitter, Jack Dorsey, aumenta. L’ex First Lady Michelle Obama, la giornalista di high tech Kara Swisher, l’Anti-Defamation League, l’investitore di venture capital Chris Sacca e molti altri chiedono pubblicamente su Twitter di bloccare definitivamente Trump.

Dorsey è stato in vacanza nella Polinesia francese la settimana dal 4 all’8 gennaio 2021. Si è fatto sentire per telefono alle riunioni, ma ha anche delegato gran parte della gestione della situazione ai dirigenti senior Yoel Roth, responsabile della fiducia e della sicurezza globale, e Vijaya Gadde, responsabile della politica legale, fiduciaria e normativa.

Come contesto, è importante sapere che lo staff e i dirigenti senior di Twitter erano di inclinazione estremamente progressista. Nel 2018, 2020 e 2022, rispettivamente il 96%, il 98% e il 99% delle donazioni politiche dello staff di Twitter è andato a favore dei Democratici.

Nel 2017, Roth twittò che c’erano dei “VERI NAZISTI ALLA CASA BIANCA”. Nell’aprile 2022, Roth disse a un collega che il suo obiettivo era “guidare il cambiamento nel mondo”, motivo per il quale ha deciso di non rimanere nel mondo accademico.

Il 7 gennaio, Jack Dorsey invia un’e-mail ai dipendenti dicendo che Twitter deve rimanere coerente con le sue norme, incluso il diritto degli utenti di tornare su Twitter dopo una sospensione temporanea. Successivamente, Roth rassicura un dipendente che “le persone a cui ciò sta a cuore… non sono contente del nostro approccio”.

Intorno alle 11:30 orario del Pacifico, Roth invia un messaggio diretto ai suoi colleghi con una notizia che è felice di condividere. “GUARDA UN PO'”, scrive. «Jack ha appena approvato una recidiva per integrità civica». Il nuovo approccio crea un sistema in base al quale cinque violazioni (“punizioni”) si traducono in una sospensione permanente.

“Facciamo progressi!”, esclama un membro del team Trust and Safetyì di Roth. Lo scambio tra Roth e i suoi colleghi chiarisce che stavano spingendo Jack Dorsey ad applicare maggiori restrizioni sulla libertà di espressione che Twitter consente durante le elezioni. Il collega vuole sapere se la decisione significa che Trump può finalmente essere bannato. La persona chiede: “l’aspetto dell’incitamento alla violenza cambia quel calcolo?” Roth risponde di no: “Trump continua ad avere a disposizione un solo unico colpo” [dopo il quale verrà bannato, ndt].

La domanda del collega di Roth riguardo all'”incitamento alla violenza” prefigura pesantemente ciò che accadrà il giorno seguente. L’8 gennaio Twitter annuncia un ban permanente nei confronti di Trump a causa del “rischio di ulteriore incitamento alla violenza”.

Il giorno 8 gennaio Twitter afferma che il suo ban si basa “specificamente su come [i tweet di Trump] vengono ricevuti e interpretati”. Ma nel 2019, Twitter aveva affermato di “non tentare di determinare tutte le potenziali interpretazioni del contenuto o del suo intento”.

https://blog.twitter.com/en_us/topics/company/2019/worldleaders2019

L’unica seria preoccupazione che abbiamo trovato espressa all’interno di Twitter sulle implicazioni per la libertà di parola e la democrazia nella decisione di bannare Trump proveniva da un individuo più giovane dell’organizzazione. Era nascosta dentro un canale Slack di livello inferiore noto come “site-integrity-auto”:

“Probabilmente questa è un’opinione impopolare, ma decisioni ad hoc e una tantum come questa, che non sembrano trovare una base nelle nostre norme sono, a mio modo di vedere, un terreno scivoloso e riflettono un problema alternativamente altrettanto dittatoriale. Questa appare ora come la decisione autoritaria del CEO di una piattaforma online con presenza globale che si arroga il diritto di filtrare il pensiero per il mondo intero, il che sembra insostenibile.”

I dipendenti di Twitter usano spesso il termine “one-off” (lett. “una tantum”) nelle loro discussioni su Slack. Il suo frequente uso rivela una notevole discrezionalità dei dipendenti su quando e se applicare etichette di avvertimento sui tweet e “colpire” gli utenti. Ecco alcuni esempi tipici.

Ricordiamo da TwitterFiles parte II di Bari Weiss, che, secondo lo staff di Twitter, “Controlliamo abbastanza la visibilità. E controlliamo un po’ l’amplificazione dei contenuti. E le persone normali non sanno ciò che facciamo”

I dipendenti di Twitter riconoscono la differenza tra le proprie norme e i Termini di servizio (TOS) di Twitter, ma si impegnano anche in complesse interpretazioni dei contenuti per eliminare i tweet proibiti, come rivela una serie di scambi sull’hashtag #stopthesteal:

Roth invia immediatamente un messaggio in privato a un collega per chiedere di aggiungere “stopthesteal” e “kraken” [un termine del complottismo QAnon] a una lista nera di termini da deamplificare. Il collega di Roth obietta che l’inserimento nella lista nera di “stopthesteal” rischia di “deamplificare le obiezioni” che mirano piuttosto a confermare la validità delle elezioni.

In effetti, osserva il collega di Roth, “una rapida ricerca sui principali tweet che contengono “StopTheSteal” rivela che si tratta di tweet critici verso la teoria complottista”.

Ma ben presto viene trovata una soluzione: “deamplificare gli account che contengono ‘stoptheseal’ nel nome/profilo” poiché “quelli non sono associati a un approccio critico verso la teoria del broglio”.

Ma si scopre che anche inserire “kraken” nella lista nera rischia di avere più controindicazioni di quanto non si pensasse. Questo perché kraken, oltre ad essere una teoria del complotto di QAnon basata sul mitico mostro marino norvegese, è anche il nome di un exchange di criptovalute, ed è stato quindi inserito nella “lista dei termini consentiti”.

I dipendenti hanno difficoltà a punire gli utenti che condividono screenshot dei tweet del 6 gennaio di Trump ora cancellati. “Dovremmo ‘rimbalzare’ [vedi parte III per il significato, ndt] questi tweet con una punizione, dato che lo screenshot viola le norme”, dice uno. “Stanno criticando Trump, quindi sono un po’ titubante nell’applicare la punizione a questo utente”, dice un altro.

Cosa succede se a un utente non piace Trump, ma si oppone alla censura di Twitter? Il tweet viene comunque cancellato. Ma, poiché l’intenzione non è quella di negare il risultato elettorale, non viene applicata alcuna decisione punitiva. “Se ci sono casi in cui l’intenzione non è chiara, sentitevi liberi di segnalarla”.

Verso mezzogiorno, un alto dirigente delle vendite pubblicitarie, confuso, invia un messaggio in privato a Roth. Dirigente delle vendite: “Jack dice: ‘sospenderemo permanentemente [Trump] se le nostre norme vengono violate dopo un blocco dell’account di 12 ore’… di quali norme sta parlando Jack?” Roth: “*QUALSIASI* violazione delle norme”.

Quello che succede dopo è essenziale per capire come Twitter abbia giustificato il ban di Trump. Dirigente delle vendite: “Stiamo abbandonando la norma sull’interesse pubblico adesso…” Roth, sei ore più tardi: “In questo caso specifico, stiamo cambiando il nostro approccio all’interesse pubblico per il suo account…”.

Il dirigente delle vendite si riferisce alla norma di Twitter riguardo alle “eccezioni di interesse pubblico”, che consente il contenuto di pubblici ufficiali eletti, anche laddove violi le regole di Twitter, “se contribuisce direttamente alla comprensione o alla discussione di una questione di interesse pubblico”.

https://help.twitter.com/en/rules-and-policies/public-interest

Roth spinge per una sospensione permanente del deputato Matt Gaetz anche se “non riesco a trovare una violazione specifica da nessuna parte”. È una sorte di prova generale per individuare la motivazione con cui poi bannare Trump. “Sto cercando di convincere il [team] di sicurezza [di Twitter] a… rimuoverlo in quanto complotto che incita alla violenza.”

Intorno alle 2:30, i dirigenti delle comunicazioni scrivono in privato a Roth per dire che non vogliono dare troppo risalto sui media al ban applicato a QAnon, perché temono che “se insistiamo su questo, sembra che stiamo cercando di offrire qualcosa al posto di quello che tutti si aspettano“, sottintendendo il ban a Trump.

Quella stessa sera, un ingegnere di Twitter scrive in privato a Roth per dire: “Ho l’impressione che gran parte del dibattito sulle eccezioni derivi dal fatto che l’account di Trump non è tecnicamente diverso da quello di chiunque altro e, pur tuttavia, viene trattato in maniera diversa a causa del suo status personale, senza che esistano regole di Twitter corrispondenti”.

La risposta di Roth suggerisce come Twitter giustifichi la deviazione dalle sue tradizionali norme. “Per dirla con parole diverse: le norme rappresentano una parte del sistema con cui funziona Twitter… ci siamo imbattuti in un mondo che cambia più rapidamente di quanto siamo stati in grado di adattare il prodotto o le norme”.

La sera del 7 gennaio, lo stesso dipendente junior che aveva espresso un “opinione impopolare” su “decisioni ad hoc… che non sembrano avere una base nelle nostre norme”, parla per un’ultima volta prima della fine della giornata. Quello stesso giorno il dipendente scrive: “La mia preoccupazione riguarda specificamente la logica inarticolata alla base della decisione di FB. Quello spazio si riempie con l’idea (teoria del complotto?) che tutti… i magnati di Internet… se ne stanno seduti come re a decidere arbitrariamente ciò che le persone possono e non possono vedere.”

Il dipendente osserva, nel corso della giornata, “E anche Will Oremus ha notato l’incoerenza …”, ricollegandosi a un articolo per OneZero su Medium intitolato “Facebook ha abbandonato il proprio regolamento per bannare Trump”.

https://onezero.medium.com/facebook-chucked-its-own-rulebook-to-ban-trump-ecc036947f5d

“Il problema di fondo”, scrive Will Oremus , è che “le piattaforme dominanti sono sempre state riluttanti ad ammettere la loro soggettività, perché questo mette in evidenza lo straordinario e illimitato potere che esse esercitano sulla pubblica piazza globale… e pone la responsabilità di quel potere sulle proprie spalle… Quindi si nascondono dietro un regolamento che cambiano di continuo, alternativamente facendo riferimento ad esso, quando gli fa comodo, o piuttosto nascondendolo sotto il tappeto più vicino quando non gli conviene”.

“La sospensione di Trump da parte di Facebook ora mette Twitter in una posizione scomoda. Se Trump torna davvero su Twitter, la pressione su Twitter aumenterà per trovare un pretesto con cui bandire anche lui”.

E infatti è quello che è esattamente successo, come mostrerà Bari Weiss domani. /FINE

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