JAMES LOVELOCK – L’ERA DELL’IPERINTELLIGENZA
James Lovelock è il padre dell’ideologia del Climate Change e uno dei principali fautori dell’agenda spaziale. Nel 2019 ha predetto che in questo secolo nuove forme di vita iper-intelligenti e inorganiche emergeranno dalle intelligenze artificiali, saranno 10.000 volte più intelligenti di noi, ma si prenderanno cura dell’uomo quanto del pianeta, perché anche la loro sopravvivenza sara connessa all’ecosistema. Elon Musk sostiene che questo sarà il più grande dramma esistenziale con cui ci dovremo confrontare. Cerchiamo di capirne di più leggendo la recensione di Novacene, l’era dell’Iperintelligenza, di James Lovelock.
di Giulio Montanaro (segui il canale Telegram di Giulio Montanaro)
Chi più di James Lovelock ha contribuito all’affermazione del paradigma scientifico-tecnologico occidentale degli ultimi 70 anni? Profeta del cambiamento climatico, pioniere della ricerca spaziale, tra i primi entusiasti promoter dei fenomeni Cyborg e Iper-intelligenza, non c’è fronte della scienza che sia riuscito a sottrarsi alle grinfie delle sue teorizzazioni, che hanno tutte come denominatore comune la stessa idea: che sul pianeta terra nulla vi sia di più pericoloso e rischioso per la vita che il genere umano. È l’uomo la più grande minaccia per le dinamiche vitali, il principale responsabile dei mutamenti climatici e, pertanto, è sempre l’uomo che coscienziosamente dovrà accettarne le conseguenze.
Quattro anni prima di trapassare, nel settembre del 2019, Lovelock pubblica “Novacene: The Coming Age of Hyperintelligence”(1), lascito di speranza per il tanto avversato genere umano, in cui emerge una flebile fiamma di speranza per il nostro futuro. Noi scettici del cambiamento climatico, dell’ipotesi “Gaia” di Lovelock, o forse meglio dire scettici di tutto quanto ci sia proposto dai megafoni digitali del complesso militare, tecno-scientifico e finanziario occidentale; noi cittadini irresponsabili e immorali anti-capitalisti, saremo in salvo e con noi il pianeta tutto.
Nel predetto volume edito da MIT Press, casa editrice del principale apparato accademico del complesso militare americano, Lovelock sostiene che l’umanità abbia appena varcato la soglia dell’era del Novacene: l’era dell’Iper-Intelligenza. L’Antropocene, quindi gli ultimi 300 anni, l’era in cui l’uomo ha acquisito il controllo delle tecnologie planetarie, è quella che si ricorderà come l’ultima per l’idea di vita biologica tradizionale finora conosciuta. Perché nel corso di questo secolo, nuove forme di vita emergeranno dalla rete delle intelligenze artificiali. Esseri inorganici che avranno capacità 10.000 volte superiori alle nostre, che si comporteranno con noi come noi facciamo con le piante. Esseri che, dice però Lovelock, saranno amorevoli, ecologicamente consapevoli e responsabili in luce del fatto che, anche le loro sorti, saranno strettamente connesse alla salute del pianeta. Il curriculum di Lovelock parla chiaro. Difficilmente le sue previsioni si sono rivelate errate. Non che se ne voglia promuovere l’opera, i cui capisaldi rappresentano i pilastri scientifici dell’agenda climatica e spaziale post-globalista. L’opera di Lovelock, per sua stessa ammissione, pecca inoltre di originalità, avendo plagiato e rimestato, per scopi capitalistici, l’insegnamento che lo scienziato russo Vladimir Vernadsky(2) aveva sviluppato con l’idea di Noosfera, elaborata sulla base delle teorie di Teilhard De Chardin, nel 1926.
Forse stiamo valutando con superficialità e arroganza il profilo di uno dei più grandi geni del secolo scorso? Chi era il più grande scienziato vivente fino al luglio scorso, com’era visto agli occhi del mondo dell’informazione, quale il parere al suo riguardo della stampa generalista, quella di cui sappiamo potersi fidare? Partiamo dai commenti che troviamo presenti su frontespizio e quarta di copertina del suo testo edito da MIT Press.
L’alfiere britannico del neoliberismo, l’autorevole The Guardian, ne parla nei termini di “Un profeta che merita ogni onore che la razza umana gli possa conferire”. Un’altra testata anglosassone, l’Irish Times, di orientamento opposto a The Guardian, corregge la predetta valutazione asserendo che Lovelock sia “Lo scienziato che ha cambiato il modo di vedere la Terra”. Il commento espresso dall’Irish, ai nostri occhi, rafforza ulteriormente la visione critica del contributo scientifico di Lovelock nel riconnettere l’uomo alla sua fonte, alla Natura, a Dio. La testata irlandese disegna paralleli eloquenti quanto il fragore del tuono: “Lo scienziato e scrittore più influente dai tempi di Charles Darwin.”
Sin dal primo capitolo di Novacene, il cui titolo è “We Are Alone”(3), l’autore accompagna il lettore tramite una narrazione che ad alcuni appare sospetta: siamo abbandonati a noi stessi, secondo Lovelock. Né Dio, né altre forme d’intelligenza o sensibilità popolano la realtà metafisica che siamo abituati a chiamare vita. Procedendo con l’analisi del testo, il terzo capitolo offre riflessioni contradditorie rispetto alla visione di uomo ibridato con la tecnologia, che anche Lovelock promuove con entusiasmo. Perché contradditorie? Scrive l’autore “Prima della parola e della scrittura, noi e tutti gli altri animali, pensavamo intuitivamente”(4). L’autore non dà, però, conto di come e perché si sia passati a parola e scrittura. Né tantomeno spiega perché agli albori tutte le forme di vita del regno animale e vegetale fossero in uno stato di costante simbiosi e comunicazione. Lovelock cade inoltre in contraddizione, ai nostri occhi, dando subito dimostrazione che l’uomo non sia solo durante la sua esperienza nella carne. Lo scienziato inglese espone infatti i risultati di recenti misurazioni dei tempi di reazione dell’istinto umano e dimostra che la nostra consapevolezza del pericolo sorga 40 millisecondi prima che il cervello abbia conoscenza del pericolo stesso. E da ciò conclude dunque che sia l’istinto e non la ragione, a salvarci. Non indagando però oltre la natura intrinseca dell’istinto(5).
Lovelock aveva già messo in chiaro la sua posizione e visione di Gaia alla comunità inglese in un articolo pubblicato da The Guardian nel 1999(6). Per lui, la transizione dall’idea di Dio a un’ipotesi scientifica che offra speranza agli agnostici è un passo in avanti. Lovelock cita la “filosofa” Mary Midgley, che a sua detta, avrebbe una spiegazione astratta e concreta al contempo, che giustifichi il percorso scientifico-ideologico alla base dell’ipotesi Gaia: “Abbiamo accuratamente escluso ogni valore non umano dal nostro sistema di valori e ridotto quel sistema a termini d’interesse individuale”(7). Occhi superficiali potrebbero giudicare positivamente tale idea. A essi ci piace ricordare quanto detto dal cosmologo e scienziato Carl Sagan nel suo affascinante libro Il Mondo Infestato dai Demoni: ossia che “l’assenza d’evidenza non è evidenza dell’assenza”(8). Tornando a Lovelock, andiamo ad analizzare brevemente il fulcro delle sue tesi super-intelligenti, ossia che, prima gli uomini e poi i cyborg, si troveranno a dovere aver a che fare con altre forme d’intelligenza “elettronica”. Che Lovelock, e altri scienziati, tra cui il filosofo svedese Nick Bostrom, teorico dell’ipotesi della simulazione e direttore dell’Istituto per il futuro dell’umanità dell’università di Oxford, ritiene corretto definire Iper o Super Intelligenza(9). Un fenomeno che fatichiamo veramente a capire come possa generare entusiasmo in cotali signori, visto che i comuni mortali ne saranno succubi. Come evidenziato chiaramente da Lovelock in apertura del quinto capitolo, titolato “I nuovi conoscitori”: “Il nostro regno quale principale forma di vita in grado di comprendere il cosmo sta rapidamente giungendo a termine… Ciò che è rivoluzionario in tutto ciò è che i nuovi conoscitori non saranno più umani bensì cyborg… essi diventeranno immediatamente migliaia e poi milioni di volte, più intelligenti di noi”(10).
Innanzitutto, che vuole dire Cyborg? È il settembre del 1960 quando Manfred Clynes e Nathan Kline coniano tale termine per riferirsi a un organismo cibernetico auto-sufficiente come l’uomo, seppure fatto di materiali ingegnerizzati, estranei alla biologia umana. Per quale fine giungono a teorizzare tale forma di evoluzione i due predetti scienziati? “Alterare le funzioni corporee per soddisfare le richieste di ambienti extraterrestri sarebbe più logico che provvedere un ambiente terrestre per l’uomo nello spazio… sistemi di organismi artefatti che estendano i controlli inconsci e auto-regolatori dell’uomo sono una possibilità(11).”
Quello che per Clynes e Kline era uno scenario potenziale, per Lovelock è già un neologismo fonte di tripudio emotivo, “mi piace questa parola e definizione, perché è applicabile a qualsiasi cosa, che vada dalle dimensioni di un micro organismo a un pachiderma… Al momento, il senso comune del termine intende un’entità in parte carne in parte macchina. E’ d’uopo enfatizzare che questi nuovi esseri intelligenti, saranno frutto di un’evoluzione darwiniana. Non dobbiamo esserne preoccupati, almeno all’inizio…(12)”. Se questa è la visione che Lovelock ha dei cyborg, che ne pensa lo scienziato inglese del soggetto iper-intelligente di cui parla il suo libro e che si paleserà in maniera autonoma e indipendente (o almeno così c’è detto) nel corso di questo secolo? “Questi esseri inorganici avranno bisogno di noi e di tutto il pianeta inteso come organismo, per continuare a raffreddarlo… e salvaguardarci da potenziali catastrofi.” Detto ciò, in che modo queste entità future diventeranno milioni di volte più intelligenti di noi? Da dove trarranno la loro intelligenza? E che natura avrà questa?
Chi scrive è un profano, un modestissimo autodidatta, che si è fatto l’idea che la super o iper-intelligenza sarà una sorta di Internet vivente a cui saremo costretti a essere collegati, se non forzati a farci fagocitare, per permettergli di condividere con noi tutto il suo sapere, per il bene della vita. A chi fosse interessato a saperne di più dell’iper o super-intelligenza, consigliamo la visione del film “Il Tagliaerbe”(13), primo film sulla realtà virtuale, anno 1992, interpretato da Pierce Brosnan e Jeff Fahey, o del seguente video-podcast con protagonista Ben Goertzel(14), il padre dell’intelligenza artificiale cosciente.
Quindi, queste entità saranno milioni di volte più intelligenti di noi e, ciò nonostante, avranno bisogno di noi? Interessante. Alla retorica del mondo buono, moralista e assistenzialista, quello del “io ti proteggo, tu mi proteggi”, effettivamente già in troppi si sono abituati. Perciò, non vorremmo essere maliziosi, seppure emerga un certo sospetto dalla lettura delle predette parole. Non v’è il rischio di trovarsi obbligati in futuro ad assecondare il loro volere, chiaramente, per il sommo bene del mantenimento in vita del pianeta?
Emerge sempre più in noi la preoccupazione che la situazione possa evolvere in un maggiore contenimento dell’essere umano sul pianeta terra. Il nono capitolo, anche quello molto attuale, è dedicato alla guerra, che Lovelock descrive citando lo storico Lewis Mumford: “La guerra è il supremo dramma di una società completamente meccanizzata”. Qui l’autore si erge, sarcasticamente, a invalicabile breccia a tutela del pianeta, ricordandoci che nell’era sovietica, la “Tsar Bomb”, abbia causato sconvolgimenti inenarrabili per l’ecosistema del pianeta. Lovelock omette, però, di considerare come le tecnologie della comunità cui lui appartiene abbiano avuto, abbiano, ma soprattutto, avranno effetti devastanti per il futuro del pianeta. Il libro di James Bridle, “New Dark Age: Technology and The End of Future”(15),(16), da noi recensito per Giubbe Rosse nei mesi scorsi, offre considerazioni interessanti a sostegno della nostra tesi. E altrettanto poco promettenti per gli anni a venire e cui rimandiamo i lettori interessati a comprendere il portato “ecologico” della computazione algoritmica.
Tornando al testo di Lovelock, il titolo dell’undicesimo capitolo, “Il mondo è troppo con noi…”, riprende un poema di William Wordsworth e, cosi facendo, denuncia apertamente lo spirito neo-malthusiano della scienza di Gaia. Wordsworth era un feroce critico del distacco dell’uomo dalla natura, della perdita di spiritualità della società: “Poco vediamo di noi nella natura, abbiamo dato via i nostri cuori, che squallida cortesia!”. Lovelock si promette di espungere tale macchia riconsiderando il ruolo dell’uomo e le sue responsabilità verso la natura: è lui, l’uomo, il colpevole.
Novacene, meriterebbe maggiore e più profonda esegesi, non c’è dubbio. La sensazione personale è che vada presa coscienza del fatto che, alla luce di quanto predice Lovelock e non solo, sia fondamentale per il genere umano fermarsi a riflettere su un’annosa, millenaria, questione. Ossia che il nemico, non sia l’altro uomo, bensì l’altro, inteso come l’altero, all’uomo e alla Natura. Qualcosa di cui l’uomo non ha ancora conoscenza. E con cui nei prossimi venti anni, volenti o nolenti, dovremo iniziare a raffrontarci. Saremo pronti per tale sfida?
FONTI
- James Lovelock, The Coming Age of Hyperintelligence, MIT Press, 2019.
- G.S. Levit, W.E. Krumbein The biosphere theory of V.I. Vernadsky and the Gaia Theory of James Lovelock a comparative analysis of the two theories of tradition. NIH, Marzo-Aprile 2000.
- James Lovelock, The Coming Age of Hyperintelligence, pagina 3.
- Ib. pagina, 19
- Ib. pagina 20
- The Guardian, 4 Agosto 1999 https://www.theguardian.com/society/1999/aug/04/guardiansocietysupplement5
- Ibidem
- Carl Sagan, Il Mondo Infestato dai Demoni. La scienza e il nuovo oscurantismo. Baldini & Castoldi, 1997.
- Nick Bostrom, How Long For Superintelligence? https://nickbostrom.com/superintelligence
- James Lovelock Novacene, The Coming Age Of Hyperintelligence, Mit Press, 2019. Prima di copertina.
- Manfred E. Clynes, Nathan S. Kline. Cyborgs and Space, 1960 http://web.mit.edu/digitalapollo/Documents/Chapter1/cyborgs.pdf
- James Lovelock Novacene, The Coming Age Of Hyperintelligence, Mit Press, 2019, pagina 29.
- Brett Leonard, Il Tagliaerbe, 1992. https://www.imdb.com/list/ls083411948/
- London Real Podcast, Ben Goertzel. https://londonreal.tv/dr-ben-goertzel-will-artificial-intelligence-kill-us/
- James Bridle, New Dark Age: Techhology and the End of Future. Verso, 2018 https://jamesbridle.com/books/new-dark-age
- Giulio Montanaro. Recensione di New Dark Age, Giubbe Rosse 2022, https://giubberosse.news/2022/04/15/james-bridle-new-dark-age-technology-and-the-end-of-future/
Indubbiamente noi essere umani abbiamo dimostrato che sul pianeta siamo diventati la per la terra la più grande minaccia e il principale responsabile dell’inquinamento e della estinzioni di massa di specie viventi vitali. Pertanto, è sempre l’uomo che inevitabilmente, prima o poi, ne pagherà le conseguenze. Ciò di cui LOVELOCK non tiene conto è che l’istinto di sopravvivenza dell’essere umano porterà, prima o poi, a mutare l’attuale comportamento egoistico, materialista e irrispettoso verso l’ambiente da cui lui stesso si nutre. Sarebbe auspicabile se ne rendesse consapevole molto prima di arrivare all’ultimo stadio, e non è cosa irrealizzabile perché come insegna lo Stato del Bhutan è possibile vivere felici in armonia con la natura, sostituendo al PIL (Prodotto interno lordo) il FIL (Felicità interna lorda). L’essere umano è bio e figlio della natura, un Cyborg è un artifizio materiale che nulla ha di biologico e che vive di sola corrente elettrica. E sono convinto che se in futuro la Terra fosse abitata esclusivamente da cyborg, natura stessa, non essendo figli legittimi ma artifizi metallici, verrebbero in qualche modo annientati (arrugginendoli o infestando i suoi circuiti interni di qualche patogeno di vita terrena che come la gramigna infesterebbe ogni circuito elettrico).