INCLUSIONE: LA PAROLA MAGICA PER IMPORRE L’ESCLUSIONE DEL DISSENSO
La prova conclusiva che la neolingua è diventata l’idioma comune al giorno d’oggi è data dal fatto che i fanatici dell’inclusione sono i primi a rallegrarsi dell’esclusione dei loro avversari dall’agone politico. La presunta battaglia contro la “discriminazione delle minoranze”, come sono soliti chiamarla, a ben guardare è solo la sovrastruttura con la quale le élite progressiste cercano oggi di imporre se stesse alla guida della società. Un modello, il loro, che non potrebbe essere più elitarista e anti-egualitario, ma che in questa fase di transizione, in cui la democrazia resiste ancora sul piano formale, ha ancora bisogno della giustificazione morale della “battaglia in favore dei più deboli” prima di affermarsi definitivamente.
Quella che, a prima vista, potrebbe sembrare una contraddizione in realtà non lo è affatto. Il modello di società a cui le élite progressiste aspirano oggi non prevede in nessun caso gli stessi diritti per tutti (incluso il diritto di espressione e il diritto di voto) e le stesse opportunità per tutti. Quello a cui anelano è esattamente il contrario: un modello con corsie preferenziali per se stessi a livello giuridico, sociale, politico e, ovviamente, etico sulla base del presupposto, non dimostrato ma implicito, della propria superiorità morale. Quello a cui aspirano è una società nella quale sono essi stessi a decidere per tutti gli altri. La loro morale non solo non disdegna, ma addirittura postula il double standard. Quello che vale per loro non può e non deve valere per chi non fa parte del loro clan e viceversa. È una società in cui la morale cambia dall’oggi al domani a seconda delle circostanze, ma puntualmente e invariabilmente conferma sempre i loro interessi, il loro bias, la loro convinzione di stare dalla parte della verità e della ragione. Ciò che sta bene a loro deve stare bene necessariamente anche a tutti gli altri. Chi non si allinea può solo scegliere tra adattarsi remissivamente o accettare di essere escluso coercitivamente dal consesso civile. Decidiamo noi perché noi siamo nel giusto. Punto.
La presunta battaglia contro la “discriminazione delle minoranze”, come sono soliti chiamarla, a ben guardare è solo la sovrastruttura con la quale le élite progressiste cercano oggi di imporre se stesse alla guida della società. Un modello, il loro, che non potrebbe essere più elitarista e anti-egualitario, ma che in questa fase di transizione, in cui la democrazia resiste per ora sul piano formale, ha ancora bisogno della giustificazione morale della “battaglia in favore dei più deboli”. Se ci sarà da violare regole o da calpestare la costituzione, lo si farà senza pensarci due volte. Questo perché l’alternativa sarebbe il complottismo, il sovranismo, il fascismo, il comunismo, l’intolleranza, l’omofobia, la guerra tra i popoli, la fine del pianeta. Insomma: l’incarnazione del Male. Dopo di noi, il diluvio.
Il Maestro Battiato ci indicherà la rotta più saggia da lassù.
Condoglianze a tutte le Giubbe Rosse.
Così ovvio. Tristemente.
Un’altro termine , di gran moda..sic, con la medesima azione strumentale è Condivisione. Si potrebbe aggiungere a quanto scritto “Questo perché l’inclusione ( e Condivisione) che essi sottintendono è essenzialmente solo la propria, mai quella dei propri avversari, per i quali, anzi, sono i primi a chiedere l’esclusione…”