IL PATTO RIBBENTROP-MOLOTOV TRA STORIA E PROPAGANDA

1

La storia non è un racconto di buoni e cattivi, ma di contesti e interessi nazionali e personali. Come sempre accade, però, la propaganda finisce per decontestualizzare gli eventi e ignorare tutto ciò che li precede.

23 agosto 1939: quando la notizia del patto di non aggressione tra Germania e Unione Sovietica raggiunge i giornali in occidente, molti pensano a uno scherzo o A un depistaggio. Invece è tutto vero e si scatenano le speculazioni. Oggi quella vicenda cruciale è raccontata da noi in guisa di favola: c’erano due dittatori cattivoni che una mattina si svegliarono e si misero d’accordo per spartirsi la povera Polonia.

Come sempre accade, da un lato si fa tabula rasa di tutto ciò che avvenne prima a fini di propaganda, dall’altro si decontestualizza sistematicamente un evento cruciale (ogni riferimento alla guerra in Ucraina è puramente intenzionale).

Ma andiamo per ordine. L’ostilità della Germania hitleriana verso l’URSS era notoria. Fin dalla presa del potere da parte dei nazisti, la preoccupazione di Stalin fu quella di garantirsi da un attacco tedesco. In quest’ottica, si inquadrano il patto di assistenza franco-sovietico e quello ceco-sovietico del 1935, nonché l’insistenza nel creare una coalizione antitedesca all’indomani di Monaco.

Dobbiamo puntualizzare una cosa: all’epoca i rapporti tra i sovietici e i franco-britannici erano tutt’altro che buoni. Da un lato, Mosca non dimenticava che tra il 1918 e il 1920 sia Parigi che soprattutto Londra erano intervenute nella guerra civile al fianco dei Bianchi. Dall’altro, il bolscevismo era considerato ben peggiore del nazismo, almeno fino al 1939. Qualsiasi alleanza sarebbe dunque stata puramente di convenienza, senza alcuna fiducia reciproca.

Prima di ripercorrere gli eventi di quell’estate, facciamo qualche digressione per contestualizzare alcuni luoghi comuni circa il patto Ribbentrop Molotov.

Patti buoni e patti cattivi

È singolare come sia opinione radicata che l’unico ad aver siglato patti con Hitler sia stato Stalin, mentre in realtà è stato l’ultimo ad averlo fatto.

Cominciarono, infatti, i polacchi firmando un patto di non aggressione il 26 gennaio 1934 (poi denunciato dai nazisti il 28 aprile 1939). Per onestà, va ricordato che Varsavia ne aveva firmato uno analogo con Mosca nel 1932, che fu denunciato direttamente dall’Armata Rossa al momento dell’invasione il 17 settembre 1939.

Nel 1935 fu la volta del patto navale anglo-tedesco. Poi ci fu la Conferenza di Monaco.

Patti e accordi siglati quando i nazisti avevano già aperto i primi lager, messo fuorilegge gli oppositori, iniziato le persecuzioni degli ebrei, assassinato migliaia di persone ecc. Se di queste cose non importava nulla a polacchi, francesi e inglesi, perché mai avrebbe dovuto essere Stalin l’unico a farsene un problema?

Più prosaicamente, allora tutti ragionavano in maniera diversa. L’idea di entrare in guerra con un paese perché questo perseguitava dei suoi cittadini era ritenuta da manicomio. Paradossalmente, fu Hitler a perseguire tale politica, almeno come copertura.

I primi ministri (da sinistra a destra) Lord Neville Chamberlain del Regno Unito e Edouard Daladier di Francia, il cancelliere tedesco Adolf Hitler, il primo ministro italiano Benito Mussolini e il ministro degli Esteri conte Gian Galeazzo Ciano si riuniscono a Monaco il 29 settembre 1938 per firmare la Convenzione di Monaco, trattato tra Germania nazista, Francia, Italia e Regno Unito, che autorizzava Hitler ad annettere il territorio ceco chiamato Sudeti. (Fonte: Radio Free Europe)

Polonia, la povera vittima. Ma anche no

Ormai è pacifico che i polacchi siano stati solo delle vittime degli eventi. In effetti, il prezzo pagato nella seconda guerra mondiale non può lasciare indifferenti.

Tuttavia, a differenza della Cecoslovacchia, la Polonia commise più di un atto censurabile tra le due guerre. Innanzitutto, appena recuperata l’indipendenza, si lanciò in guerre di aggressione contro tutti i suoi vicini per sgraffignare più territori possibile, approfittando della confusione seguita al crollo degli imperi nel 1918. Questo portò all’inclusione di notevoli minoranze che non vennero trattate proprio benevolmente (chiedere agli ucraini, ad esempio) e di territori che mai erano appartenuti alla Polonia, se non molti secoli addietro.

Va poi detto che Varsavia era a sua volta una dittatura a seguito del golpe del 1926. Benché certamente non paragonabile all’URSS o al Terzo Reich, nondimeno sfidare apertamente il maresciallo Pilsudski poteva essere abbastanza pericoloso.
Citiamo poi en passant un episodio semisconosciuto: l’ultimatum alla Cecoslovacchia all’indomani della conferenza di Monaco. Varsavia, infatti, approfittò dello stato di prostrazione di Praga per impadronirsi della zona di Český Těšín. Mentre va detto che tale territorio era effettivamente abitato da moltissimi polacchi, la modalità resta quella di una pugnalata alla schiena che non fa onore a chi la commise.

Tutto questo per dire che, se anche si può ritenere comprensibile il desiderio polacco di impossessarsi di quanti più territori possibile sfruttando il momento di debolezza dei due potenti vicini, si trattò comunque di una scelta miope, perché era abbastanza prevedibile che, non appena tedeschi e russi avessero recuperato le forze, avrebbero cercato di regolare i conti aperti con i polacchi.

Dopo queste digressioni torniamo alla primavera del 1939. Il 15 marzo Hitler occupa l’intera Cecoslovacchia, accerchiando la Polonia e avvicinandosi molto ai confini sovietici. Contemporaneamente termina la guerra civile spagnola con la vittoria dei franchisti. Anche questo aspetto ebbe un peso nel determinare il clima di sfiducia: Mosca, che aveva sostenuto pur con diverse ombre i repubblicani spagnoli, ne attribuiva la sconfitta alla politica del non intervento franco-inglese, sospettando che le due nazioni preferissero un regime clerico-fascista a una repubblica popolare con forti legami con i sovietici.

Comunque sia, le cose iniziarono ad accelerare. Il 4 aprile veniva firmato il patto anglo-polacco, una sorta di garanzia unilaterale inglese alla Polonia a cui nove giorni dopo si aggiunse quella francese. Nel frattempo l’URSS proponeva un’alleanza antitedesca e tra mille difficoltà iniziarono i colloqui.

Senza entrare troppo nel dettaglio, lo scoglio principale era costituito dalla Polonia: vittima designata della prossima aggressione tedesca, non voleva però accettare che le truppe sovietiche attraversassero il suo territorio per combattere i tedeschi. E non possiamo certo dire che avesse tutti i torti, dal momento che temeva che l’Armata Rossa avrebbe approfittato della circostanza per riprendere i territori persi nel 1920. Difficile dare torto ai polacchi su questo, onestamente.

D’altra parte l’aspetto militare lasciava ben poca scelta: Francia e Inghilterra non sarebbero mai state in grado di offrire un concreto aiuto alla Polonia, non fosse altro che per mere ragioni geografiche. Aggiungiamo che i polacchi avevano un esercito di notevoli dimensioni, anche se antiquato, ed erano sinceramente convinti, se non di battere i tedeschi, almeno di resistere abbastanza da consentire agli alleati occidentali di intervenire validamente nel conflitto.

Girando attorno a questo problema insolubile, le trattative tra le tre potenze si trascinarono fino alla metà di agosto, con la sfiducia reciproca che cresceva. Dopotutto, abbiamo ricordato in apertura che stiamo parlando di Paesi ostili che cercavano un compromesso su una materia di comune interesse. D’altra parte, non era solo Stalin a tenere aperta la porta ad altre opzioni. Se Parigi e Londra sospettavano, e con molte ragioni, che l’obiettivo sovietico fosse in primis regolare i conti coi polacchi, i persistenti contatti anglo-tedeschi fecero nascere nel dittatore sovietico la paura che anche in Polonia finisse come in Cecoslovacchia e l’Austria, con la Werhmacht a quel punto attestata al confine sovietico.

In questo stallo si inserì Hitler che, con una zampata da vecchio pokerista, non ebbe difficoltà a concedere al suo omologo sovietico tutto quello che chiedeva. In fin dei conti, non erano territori suoi e, comunque, contava di riprenderseli ben presto.

Ovviamente Hitler e Stalin non divennero alleati, come spesso si ripete. Erano due dittatori, non certo due sprovveduti, e sapevano benissimo che il confronto era solo rimandato. Il primo scongiurava la guerra su due fronti e poteva dedicarsi all’ovest, il secondo spostava in avanti il confine e guadagnava tempo prezioso.

Come si vede, le cose sono molto più complesse di come vengono raccontate. Possiamo fare tutte le considerazioni morali che vogliamo, ma la realtà è che allora le cose funzionavano diversamente. Approfittare della debolezza altrui o mettersi d’accordo a spese di un terzo, era moneta assai comune. Con questo, naturalmente non si intendegiustificare niente e nessuno, solo ricondurre le cose nella loro prospettiva. In fin dei conti, che cosa avrebbe dovuto fare Stalin? Sacrificare le sue truppe unilateralmente in favore di un Paese oggettivamente ostile, che vent’anni prima aveva strappato molti territori all’URSS? Certo, si può dire che avrebbe potuto rimanere neutrale, ma si sarebbe ritrovato i nazisti 300 km più avanti, ovvero 300 km più vicini a Mosca. Considerando come poi andarono le cose nel 1941, avrebbero fatto una certa differenza.

E anche sulla garanzia unilaterale franco-inglese alla Polonia ci sarebbe qualcosa da dire. Gesto bello e apprezzabile, ma si sapeva benissimo che non si era in grado di portare materialmente alcun aiuto. Quindi, o i polacchi se la cavavano da soli o qualcun altro avrebbe dovuto sacrificarsi per rendere effettiva quella garanzia.

Concludendo: la Storia non è un racconto di buoni e cattivi, ma di contesti e interessi, nazionali e personali. E non bisognerebbe mai dimenticarlo.

 

Condividi!

1 thoughts on “IL PATTO RIBBENTROP-MOLOTOV TRA STORIA E PROPAGANDA

  1. Un COMMENTO ” ONESTO ” Intellettualmente Prima ancora che Politicamente ! Mi permetterò ( su Vostra esplicita Accettazione ) di aggiungere alcune ulteriori Informazioni anche sulla Natura del Trattato Ribbentrop / Molotov sia del Testo che del / sul PROTOCOLLO a LATERE !
    Alessandro Leoni
    ( Fra l’altro ho scritto ai primissimi degli anni ’90 del ‘900 un Saggio proprio specifico sull’ argomento ( edito dalla Casa d. Sole . . . im un Volume di Autori vari intitolato Sulla Transizione )
    Alessandro

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *