THE TWITTER FILES, PARTE XIX: “La grande macchina della menzogna del Covid-19”
La disinformazione russa sui social? Ora possiamo affermarlo con certezza conclusiva: era una bufala. Non sono mai esistiti né bot russi né, tanto meno, individui in carne ed ossa pagati dai russi o in altro modo correlati alla Russia. Si è trattato di una pura e semplice messinscena del think tank neocon e russofobo Alliance for Securing Democracy (ASD) e del suo sito Hamilton 68. L’elenco di 600 bot russi ai quali Hamilton 68 faceva riferimento era composto da normalissimi cittadini americani, colpevoli solamente di avere simpatie conservatrici o non allineate al pensiero unico liberalprogressista, scelti, praticamente a caso, per impersonare inesistenti agenti russi, senza in realtà avere né connessione né simpatie con la Russia. Una bufala totale, dunque. E di questo i dirigenti Twitter arrivarono a un certo punto ad essere perfettamente a conoscenza, ma, per timore delle conseguenze, preferirono non attaccare la potentissima Alliance for Securing Democracy e non smascherare apertamente le bugie di Hamilton 68. Ma l’aspetto più scandaloso è che centinaia di testate, network, TV (MSNBC, Watts, Washington Post, Politico, Mother Jones), inclusi siti di “fact-checking” come Snopes e Politifact e, non ultimo, istituzioni accademiche come Harvard, Princeton, Temple, hanno continuato per anni a parlare di ingerenze russe basandosi sul nulla. Un unico sito è stato dunque usato come riferimento insindacabile per affermare una realtà inesistente. Se adesso vi viene il sospetto che quello della disinformazione russa non sia stato l’unico caso in cui vi hanno preso in giro, è perché è così.