THE TWITTER FILES : “Supplemento”

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Matt Taibbi ha pubblicato un’integrazione alla sesta parte dei TwitterFiles resa pubblica venerdì sera. I dati interessanti di questa breve aggiunta sono essenzialmente due. Il primo è che l’FBI non solo collaborava strettamente con Twitter per tenere sotto controllo la rete; addirittura, faceva pressione sulla dirigenza della piattaforma social affinché trovasse prove di infiltrazioni di potenze straniere ostili anche laddove Twitter sosteneva di non averne. Quando Yoel Roth scrive all’FBI di “non aver osservato recentemente molte attività da parte di attori di propaganda ufficiale sulla nostra piattaforma”, l’FBI non è affatto contenta e, per tutta risposta, chiede a Twitter di rispondere a un questionario per iscritto. Il secondo è che l’FBI viene usata della rete di intelligence del governo americano come canale per fare pressione su enti e organismi nazionali. Questo perché per legge quasi tutte le agenzie di intelligence (tra cui, ad esempio, la CIA) non possono muoversi all’interno dei confini nazionali.

Thread originale: https://twitter.com/mtaibbi/status/1604613292491538432

Thread: The Twitter Files, Supplemental

di Matt Taibbi, scrittore, giornalista e podcaster, ex redattore collaboratore di Rolling Stone


Nel luglio del 2020, l’agente dell’FBI di San Francisco Elvis Chan scrive al dirigente di Twitter Yoel Roth per informarlo che dovrà aspettarsi domande scritte da parte della Foreign Influence Task Force (FITF), il gruppo inter-agenzia che si occupa delle minacce informatiche.

Gli autori del questionario non sembrano molto contenti del fatto che Twitter, nel “briefing tra DHS/ODNI/FBI e il settore” avvenuto il 20 luglio, abbia lasciato intendere di “non aver osservato recentemente molte attività da parte di attori di propaganda ufficiale sulla nostra piattaforma”.

Uno potrebbe pensare che è una buona notizia. Peccato che le agenzie la pensassero diversamente.

Chan sottolinea, infatti: “Ci sono state molte discussioni all’interno dell’USIC per ottenere chiarimenti dalla tua azienda”. USIC sta per “United States Intelligence Community” (comunità di intelligence degli Stati Uniti). La task force voleva sapere come Twitter fosse arrivato alla sua impopolare conclusione. Stranamente, la task force includeva una bibliografia di fonti pubbliche, tra cui un articolo del Wall Street Journal, in cui si attestava la prevalenza di minacce straniere, come per dimostrare a Twitter che si stava sbagliando.

Roth, ricevute le domande, le fa circolare tra gli altri dirigenti dell’azienda e si lamenta di essere “francamente perplesso dalle richieste [della task force, ndt], che assomigliano a qualcosa che ci saremmo aspettati più da una commissione del Congresso che dal Bureau [l’FBI, ndT]”.

Roth ha aggiunto di “non essere molto contento il Bureau (e, per estensione, la comunità di intelligence) chieda risposte per iscritto”

Il fatto che l’FBI funga da canale per la comunità dell’intelligence è interessante, dato che molte agenzie [di intelligence ndt] sono escluse dalle attività in patria. Roth ha, quindi, inviato un’altra nota interna, spiegando che la premessa delle domande era “imprecisa”, in quanto “siamo stati chiari sul fatto che la propaganda ufficiale di stato viene sicuramente presa sul serio da Twitter”. Si noti il corsivo per l’enfasi.

Roth ha suggerito quindi di “telefonare a Elvis al più presto per cercare di chiarire la questione” e cancellare l’idea delle agenzie che la propaganda di stato non venga presa sul serio da Twitter.

Una delle stranezze di questo scambio di email, tra le altre cose, è il fatto che alcuni materiali della “bibliografia” citati dalla FITF provengono da funzionari dell’intelligence, i quali, a loro volta, hanno citato le fonti pubbliche.

L’FBI ha risposto al capitolo dei TwitterFiles pubblicato venerdì scorso affermando che “si impegna regolarmente con entità del settore privato per fornire informazioni specifiche sulle attività sovversive, non dichiarate, segrete o criminali riguardanti soggetti stranieri associati a influenze ostili”.

Sarà anche vero, ma fino ad oggi non abbiamo trovato niente di tutto ciò nei documenti. Al contrario, abbiamo trovato per lo più richieste di moderazione che coinvolgono account con pochi follower di proprietà di normali americani, tra cui [l’attore, ndt] Billy Baldwin.

Seguite Bari Weiss e Michael Shelleberger per saperne di più sui TwitterFiles.

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