L’UE CI HA ROVINATI E NON CI SALVERÀ

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Da Mattarella a Moscovici, tutti invocano la manna di Bruxelles. Però, i guai col metano li ha causati proprio la sua scelta di centralizzare i meccanismi di formazione dei prezzi.

Sergio Giraldo, La Verità, 4 settembre 2022


Dalla seconda giornata del Forum The European House-Ambrosetti a Cernobbio arrivano, immancabili, gli appelli all’Europa perché ponga rimedio alla disastrosa situazione energetica. «Il vertiginoso innalzamento dei prezzi dell’energia, favorito anche da meccanismi irragionevoli e da squilibri interni tra i Paesi europei, costituisce uno dei nodi più critici del momento attuale. È necessaria e urgente una risposta europea all’altezza dei problemi. I singoli Paesi non possono rispondere con efficacia alla crisi. Nel liberarsi dalla dipendenza russa per le fonti di energia, l’Europa è chiamata, ancora una volta, a compiere un salto in avanti in determinazione politica, integrazione, innovazione». Questo è il messaggio inviato al Forum dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Se per caso qualcuno ne avesse sentito la mancanza, ecco poi ricomparire il presidente della Corte dei conti di Francia, Pierre Moscovici, ex ministro dell’Economia in patria ed ex commissario Ue all’Economia, che ha dichiarato: «Le prossime elezioni italiane sono molto importanti sia per l’Italia che per l’Europa. L’Italia ha bisogno dell’Europa e l’Europa ha bisogno dell’Italia […]. Oggi abbiamo molte sfide davanti in Europa, bisogna sviluppare l’indipendenza energetica e dobbiamo essere uniti di fronte alle grandi potenze mondiali».

Gli appelli all’Europa perché faccia “qualcosa” e “resti unita” non sono una novità e abbondano da mesi senza che ciò abbia prodotto alcun risultato. Poiché l’Europa non esiste, ma esiste l’Unione europea (un succedaneo ideologico guidato da maldestri funzionari politicamente irresponsabili), la situazione è peggiorata: è ben difficile che gli autori del disastro in cui siamo finiti siano anche capaci di tirarcene fuori.

Il sospetto, ad esempio, è che Bruxelles intenda davvero introdurre un tetto al prezzo del gas russo, ben sapendo che questo quasi certamente comporterà l’azzeramento dei flussi dall’unico gasdotto ancora funzionante, quello che passa per l’Ucraina. Sospetto che ne porta con sé un altro, cioè che vi sia una deliberata intenzione di nuocere.

Esaminiamo le radici del problema energetico europeo. L’idea nata negli anni ’90 era di creare un mercato europeo concorrenziale per una materia prima essenziale come il gas naturale. Avendo poca produzione, l’Europa importava gas dai paesi grandi produttori (Norvegia, Russia, Algeria) con contratti di lungo termine. Il prezzo iniziale della materia prima variava di mese in mese, essendo agganciato all’andamento dei prezzi di un paniere di petroli con formule che usavano la media dei prezzi dei petroli e del cambio con il dollaro su tre, sei o nove mesi. Il prezzo del gas era quindi legato a un mercato estremamente liquido, quello del petrolio in dollari USA, e le formule di calcolo che usavano valori medi su più mesi fornivano una certa prevedibilità e bassa volatilità. Il gas così importato dalle poche grandi compagnie che potevano farlo (dati i vincoli di trasporto, la necessità di grandi capitali e le situazioni di monopolio di fatto o ex-lege), veniva da queste commercializzato nei singoli paesi europei. A prezzo fisso, a volte, il che presupponeva che le stesse compagnie effettuassero operazioni di copertura (hedging), oppure replicando in vendita la formula di acquisto legata al petrolio (oil-linked).

L’introduzione del mercato europeo ha significato la necessità per Bruxelles di individuare una sede europea in cui scambiare gas in euro. Alla base di tutto c’è questo: la sovranità dell’euro. Lo dice la stessa Commissione nella sua relazione periodica al Parlamento europeo e al Consiglio del 14 ottobre 2020 COM(2020) 951, a pag. 5.

“Sebbene l’indicizzazione al petrolio svolga un ruolo importante nella definizione dei prezzi del gas sui mercati mediterranei, questo meccanismo di fissazione dei prezzi sta perdendo terreno in Europa in quanto i mercati del gas sono sempre più integrati, i fornitori tendono ad approvvigionare il gas direttamente dai mercati all’ingrosso e i contratti a lungo termine sono sempre più indicizzati ai prezzi del mercato del gas.”

E poi:

“La maggiore sovranità europea sulla formazione dei prezzi del gas rafforza il ruolo dell’euro nel commercio di energia nell’UE, in quanto riduce l’influenza dei prezzi importati denominati in dollari USA e l’esposizione alla volatilità dei mercati internazionali dei prodotti energetici”.

Quindi: la maggiore sovranità europea sulla formazione dei prezzi rafforza il ruolo dell’euro perché riduce l’influenza del dollaro americano. Per questo è stato creato il mercato del TTF, per questo è stata incentivata l’uscita dai contratti indicizzati al petrolio: per ideologia, perché l’Unione europea potesse imporre l’euro come valuta di scambio su una materia prima.

Certo, il concetto di “sovranità” stride con i proclami da gioventù di Ventotene, che lo assimilano al fascismo. Evidentemente la sovranità non va bene se è nazionale, ma va benissimo se è europea. Del resto, la sovranità nazionale è esercitabile dai cittadini di fronte ai quali i rappresentanti eletti sono politicamente responsabili. Mentre la sovranità europea è esercitata solo da una ristretta élite cooptata e “al riparo dal processo elettorale”, come ha dichiarato Mario Monti nel 1998. Nello stesso libro, Monti afferma poi che “Le paure sono state all’origine dell’integrazione […] e rimangono tra i motori dell’integrazione”.

In radice, il problema energetico è solo apparentemente tecnico. In realtà è un problema di mancanza di democrazia.

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