SCONTRO DI CRISTIANITÀ: PERCHÉ L’EUROPA NON PUÒ CAPIRE LA RUSSIA

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La caduta dell’URSS, poco più di tre decenni fa, ha scagliato la Russia indietro di tre secoli, ai suoi confini nel 17° secolo. La Russia, storicamente, era stata interpretata come un impero secolare: immenso, multiforme e multinazionale. Tutto questo è ciò che ci dice la storia, molto viva anche oggi nell’inconscio collettivo russo.

Gli europei occidentali vedono gli ortodossi e i cristiani orientali come satrapi o come un branco di contrabbandieri, mentre gli ortodossi considerano i crociati come usurpatori barbari decisi alla conquista del mondo.

Di Pepe Escobar – 29 aprile 2022 – Originale in inglese su TheCradle

Il cristianesimo è, ancora una volta, al centro di una battaglia di civiltà, questa volta tra cristiani stessi.

In un’atmosfera onnipresente e tossica di dissonanza cognitiva intrisa di russofobia, è assolutamente impossibile avere una discussione significativa sui punti più sottili della storia e della cultura russa nello spazio NATO – un fenomeno che sto vivendo proprio ora a Parigi, fresco di una lunga permanenza a Istanbul.

Nella migliore delle ipotesi, in una parvenza di dialogo civile, la Russia è incasellata nella visione riduzionista di un impero minaccioso, irrazionale e in continua espansione – una versione molto più malvagia dell’antica Roma, della Persia achemenide, della Turchia ottomana o dell’India Mughal.

La caduta dell’URSS, poco più di tre decenni fa, ha scagliato la Russia indietro di tre secoli, ai suoi confini nel 17° secolo. La Russia, storicamente, era stata interpretata come un impero secolare: immenso, multiforme e multinazionale. Tutto questo è ciò che ci dice la storia, molto viva anche oggi nell’inconscio collettivo russo.

Quando è iniziata l’Operazione Z, ero a Istanbul, la Seconda Roma. Ho trascorso molto tempo delle mie passeggiate notturne intorno a Santa Sofia riflettendo sulle correlazioni storiche della Seconda Roma con la Terza Roma, che sembra essere Mosca, poiché il concetto fu enunciato per la prima volta all’inizio del XVI secolo.

Più tardi, tornato a Parigi, l’esilio nella terra del soliloquio sembrò inevitabile finché un accademico non mi indirizzò verso qualcosa di sostanzioso, sebbene fortemente distorto dal politically correct, disponibile sulla rivista francese Historia .

C’è almeno un tentativo di discutere della Terza Roma. Il significato del concetto era inizialmente religioso prima di diventare politico, incarnando la spinta russa a diventare il leader del mondo ortodosso in contrasto con il cattolicesimo. Questo va inteso anche nel contesto delle teorie panslave che sorsero sotto il primo Romanov e raggiunsero il loro apogeo nel 19° secolo.

L’eurasianismo – e le sue diverse declinazioni – tratta la complessa identità russa come una doppia faccia, tra est e ovest. Le democrazie liberali occidentali semplicemente non riescono a capire che queste idee – che infondono vari tipi di nazionalismo russo – non implicano ostilità verso l’Europa “illuminata”, ma un’affermazione della Differenza (potrebbero imparare qualcosa leggendo di più Gilles Deleuze su questo argomento). L’eurasianismo pesa anche su rapporti più stretti con l’Asia centrale e sulle necessarie alleanze, in vari gradi, con Cina e Turchia.

Un perplesso occidente liberale resta ostaggio di un vortice di immagini russe che non riesce a decifrare adeguatamente – dall’aquila a due teste, che è il simbolo dello stato russo dai tempi di Pietro il Grande, alle cattedrali del Cremlino, alla cittadella di San Pietroburgo , l’ingresso dell’Armata Rossa a Berlino nel 1945, le parate del 9 maggio (la prossima sarà particolarmente significativa), e personaggi storici da Ivan il Terribile a Pietro il Grande. Nella migliore delle ipotesi e stiamo parlando di “esperti” di livello accademico – identificano tutto quanto sopra come immagini “sgargianti e confuse”.

Il divario cristiano/ortodosso

Anche lo stesso Occidente liberale apparentemente monolitico non può essere compreso se dimentichiamo come, storicamente, anche l’Europa sia una bestia a due teste: una testa può essere identificata nel percorso da Carlo Magno fino alla terribile macchina Eurocratica di Bruxelles; e l’altra viene da Atene e Roma, e via Bisanzio/Costantinopoli (la Seconda Roma) arriva fino a Mosca (la Terza Roma).

L’Europa latina, per gli ortodossi, è vista come un usurpatore ibrido, che predica un cristianesimo distorto che si riferisce solo a sant’Agostino, praticando riti assurdi e trascurando l’importantissimo Spirito Santo. L’Europa dei papi cristiani ha inventato quella che è considerata un’idra storica – Bisanzio – dove i bizantini erano in realtà greci che vivevano sotto l’impero romano.

Gli europei occidentali, dal canto loro, vedono gli ortodossi e i cristiani dell’est (vedi come furono abbandonati dall’occidente in Siria sotto ISIS e Al Qaeda) come satrapi o come un branco di contrabbandieri – mentre gli ortodossi considerano i crociati, i cavalieri teutonici e i Gesuiti – giustamente, dobbiamo dire – come barbari usurpatori votati alla conquista del mondo.

Nel canone ortodosso, un grave trauma è la quarta crociata del 1204 che distrusse completamente Costantinopoli. I cavalieri franchi distrussero la metropoli più abbagliante del mondo, che all’epoca raccoglieva tutte le ricchezze dell’Asia.

Quello fu un genocidio culturale. I Franchi erano anche allineati con alcuni famigerati predoni seriali: i veneziani. Non c’è da stupirsi, da quel momento storico in poi, è nato uno slogan: “Meglio il turbante del Sultano che la tiara del Papa”.

Quindi, dall’VIII secolo, l’Europa carolingia e quella bizantina furono di fatto in guerra attraverso una cortina di ferro dai Baltici al Mediterraneo (confrontala con l’emergente Nuova cortina di ferro della Guerra Fredda 2.0). Dopo le invasioni barbariche, non parlavano la stessa lingua né praticavano la stessa scrittura, riti o teologia.

Questa frattura attreversò anche Kiev. L’ovest era cattolico – 15% di cattolici greci e 3% di latini – e al centro e ad est il 70% ortodosso, questo divenne egemonico nel XX secolo dopo l’eliminazione delle minoranze ebraiche da parte principalmente delle Waffen-SS della divisione Galizia, i precursori del battaglione Azov ucraino.

Costantinopoli, anche in declino, riuscì a mettere a punto un sofisticato gioco geostrategico per sedurre gli slavi, scommettendo sulla Moscovia contro la combinazione cattolica polacco-lituana. La caduta di Costantinopoli nel 1453 permise alla Moscovia di denunciare il tradimento dei greci e degli armeni bizantini che si radunarono attorno al papa romano, che desiderava ardentemente un cristianesimo riunificato.

In seguito, la Russia finì per costituirsi come l’unica nazione ortodossa che non cadde sotto la dominazione ottomana. Mosca si considera – come Bisanzio – come una sinfonia unica tra poteri spirituali e temporali.

La terza Roma diventa un concetto politico solo nel 19° secolo, dopo che Pietro il Grande e Caterina la Grande ebbero ampliato notevolmente il potere russo. I concetti chiave di Russia, Impero e Ortodossia si fusero. Ciò implica che la Russia abbia sempre bisogno di un “estero prossimo” – e questo ha delle somiglianze con la visione del presidente russo Vladimir Putin (che, significativamente, non è imperiale, ma culturale).

Poiché il vasto spazio russo è in costante trasformazione da secoli, questo implica un ruolo centrale del concetto di accerchiamento. Ogni russo è molto consapevole della vulnerabilità territoriale (ricordate, per cominciare, Napoleone e Hitler). Una volta oltrepassato il confine occidentale, è facile raggiungere Mosca. Quindi, questa linea molto instabile deve essere protetta; l’attuale correlazione con questo concetto è la vera minaccia dell’Ucraina di ospitare basi NATO.

Avanti verso Odessa

Con la caduta dell’URSS, la Russia si trovò in una situazione geopolitica incontrata per l’ultima volta nel XVII secolo. La lenta e dolorosa ricostruzione è stata guidata da due forze: il KGB – poi FSB – e la Chiesa ortodossa. L’interazione di più alto livello tra il clero ortodosso e il Cremlino è stata condotta dal patriarca Kirill, che in seguito divenne ministro degli affari religiosi di Putin.

L’Ucraina, dal canto suo, era diventata di fatto un protettorato di Mosca nel lontano 1654 con il Trattato di Pereyaslav: più che di un’alleanza strategica, si trattava di una fusione naturale, in atto da secoli tra due nazioni slave ortodosse.

L’Ucraina ricade quindi nell’orbita russa. La dominazione russa si espande fino al 1764, quando l’ultimo hetman (comandante in capo) ucraino viene ufficialmente deposto da Caterina la Grande: è allora che l’Ucraina diventa una provincia dell’impero russo.

Come Putin ha chiarito questa settimana: “La Russia non può permettere la creazione di territori anti-russi intorno al paese”. L’operazione Z riguarderà inevitabilmente Odessa, fondata nel 1794 da Caterina la Grande.

I russi dell’epoca avevano appena espulso gli ottomani dal nord-ovest del Mar Nero, che era stato successivamente governato da goti, bulgari, ungheresi e poi turchi, fino ai tatari. Odessa all’inizio era abitata da rumeni che furono incoraggiati a stabilirsi lì dopo il XVI secolo dai sultani ottomani.

Caterina scelse un nome greco per la città, che all’inizio non era affatto slava. E proprio come San Pietroburgo, fondata un secolo prima da Pietro il Grande, Odessa non ha mai smesso di flirtare con l’Occidente.

Lo zar Alessandro I, all’inizio del XIX secolo, decide di trasformare Odessa in un grande porto commerciale, facendolo sviluppare da un francese, il duca di Richelieu. Fu dal porto di Odessa che il grano ucraino iniziò a raggiungere l’Europa. All’inizio del XX secolo, Odessa è davvero multinazionale, dopo aver attratto, tra gli altri, il genio di Pushkin.

Odessa non è ucraina: è una parte intrinseca dell’anima russa. E presto le prove e le tribolazioni della storia la renderanno di nuovo tale: come repubblica indipendente; come parte di una più ampia confederazione denominata Novorossiya o direttamente annessa alla Federazione Russa. Deciderà il popolo di Odessa.

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