FMI: “LA SILENZIOSA EROSIONE DEL DOMINIO DEL DOLLARO”
L’FMI conferma: la quota di riserve in dollari diminuisce da 20 anni per via del passaggio al renminbi e ad altre valute.
Originale: FMI, The Stealth Erosion of Dollar Dominance: Active Diversifiers and the Rise of Nontraditional Reserve Currencies, 24 marzo 2022
L’FMI segnala come sia in atto già da tempo una“erosione del dominio del dollaro“. Anche se questo non implica una fine imminente del dollaro, l’FMI mette in evidenza, non senza lasciar trasparire una sincera preoccupazione, come dal 2000 il dollaro sia sceso dal 71% a una quota del 59% nella quota di riserve delle banche centrali. Il tema diventa, però, ora più scottante nel momento in cui le sanzioni alla Russia stanno di fatto accelerando il processo e minando definitivamente il primato del dollaro.
Non sorprende che il più grande fattore di erosione del dollaro, preso singolarmente, sia stato il successo del renminbi. Tuttavia, complessivamente, le vere vincitrici sono state le valute più piccole, che tradizionalmente non facevano parte delle riserve valutarie delle banche centrali.
Dal rapporto dell’FMI emerge, infatti, come l’abbandono del dollaro sia avvenuto in due direzioni: un quarto verso il renminbi cinese e tre quarti verso le valute dei paesi più piccoli, che hanno da sempre svolto un ruolo più limitato come valute di riserva.
Tre sono i fattori che stanno guidando il cambiamento:
1️. Crescente liquidità del mercato
In questo caso, entra in gioco la tecnologia finanziaria. Tradizionalmente le “Big Four” (dollaro, euro, sterlina e yen) erano le uniche valute con mercati spessi e liquidi. Tuttavia, le piattaforme di trading elettronico hanno reso più facile il commercio in valute più piccole e hanno ampliato il numero di valute detenute come riserve.
2. Gestori di riserva delle banche centrali a caccia di rendimenti
Le banche centrali hanno portafogli di attività in crescita e la migrazione verso valute non tradizionali è in parte dovuta al fatto che i gestori delle riserve cercano potenziali guadagni. Di conseguenza, l’inclusione di valute più piccole con una liquidità inferiore, ma con rendimenti potenzialmente maggiori è diventata un’abitudine. Ancora una volta, ciò è direttamente attribuibile ai nuovi mercati elettronici.
3. Rendimenti obbligazionari in calo sulle emissioni dei paesi delle “Big Four”
Anche in questo caso, sono le banche centrali che, in una fase storica di tassi di interesse molto bassi, cercano rendimenti diversificando il proprio bilancio con obbligazioni denominate in valute meno importanti.
Tuttavia, due fattori destano maggiore apprensione per il futuro:
1. “la tendenza osservata a diversificare rispetto al dollaro potrebbe essere stata influenzata dal cambiamento della percezione della sua tendenza a mantenere il suo valore”.
2. Una sbalorditiva paura relativa alla stabilità del valore del dollaro e, quindi, alla esistenza di safe assets.
La figura 4 a pag. 12 mostra una diminuzione dei paesi ancorati al dollaro USA ed un contestuale aumento del debito in dollari. Si tratta di fenomeni il cui impatto sarà crescente, nella misura in cui gli Stati Uniti rappresentano una quota via via in calo del commercio globale. Da ciò discende, ovviamente, un fattore decisivo del calo della quota di riserva del dollaro. Gli Stati Uniti non possono ridurre il commercio e aspettarsi che il dollaro non ne risenta. Con la crescita della quota del commercio cinese il renminbi non può che veder aumentato il suo peso come valuta di riserva globale.