A LETTO CON L’IMMUNIZZATO

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Alcune considerazioni del prof. Marco Cosentino sullo studio svedese “Associazione tra rischio di infezione da COVID-19 in individui non immuni e immunità al COVID-19 nei loro familiari” (JAMA)

Un recente studio svolto in Svezia su quasi 815.000 famiglie suggerisce che apparentemente vivere con membri della famiglia immunizzati contro SARS-CoV-2 ridurrebbe il rischio di contrarre il COVID-19. I risultati, tuttavia, paiono fornire un quadro più complesso. Qui di seguito il mio commento, che la rivista non ha ritenuto di pubblicare senza, tuttavia, precisarne le ragioni.

La Tabella 2 mostra il rischio di infezione da SARS-CoV-2 in membri della famiglia non immuni in base al numero di membri della famiglia immunizzati: è interessante notare che quando 1 membro non immune vive con 1 membro immune (famiglie con 2 membri), la percentuale di infezione da SARS-CoV-2 è del 2,7%, ma sale al 4,2%, quando 1 membro non immune convive con 2 membri immuni (famiglie con 3 membri) e al 5,1%, quando 1 membro non immune convive con 3 membri immuni (famiglie con 4 componenti). Lo stesso fenomeno si può osservare confrontando 2 membri non immuni che vivono da soli (famiglie con 2 membri), dove la percentuale di infezione da SARS-CoV-2 è del 3,3%, mentre con 2 membri non immuni che vivono con 1 membro immune (famiglie con 3 membri) o 2 membri immuni (famiglie con 4 membri), la percentuale di infezione da SARS-CoV-2 è rispettivamente del 6,3% e del 7,2%. Si potrebbe essere indotti a ipotizzare che vivere con persone immunizzate comporti un rischio intrinseco di infezione.

La Tabella 3 fornisce dati sulle infezioni gravi. Se, tuttavia, prendiamo le infezioni gravi come percentuale delle infezioni totali, nelle famiglie con 2 membri sono il 2,28% delle infezioni totali quando entrambi i membri sono non immuni e il 2,72% quando 1 membro è immune. Nelle famiglie con 3 membri sono 1,45% delle infezioni totali quando tutti i membri non sono immuni e 1,56% quando 1 membro è immune. Infine, nelle famiglie con 3 membri sono l’1,15% delle infezioni totali quando tutti i membri non sono immuni e 1,35% quando 1 membro è immune. È possibile che la presenza di 1 membro immunizzato aumenti il rischio di infezione grave?

Infine, c’è un elenco di questioni metodologiche che dovrebbero essere affrontate per consentire una migliore comprensione dello studio:

  • (i) in tutto il testo viene utilizzata l’espressione COVID-19, ma nei metodi la definizione di infezione si basa solo sul test PCR. Lo studio si occupa di COVID-19 (cioè di segni e sintomi clinici) o di infezione da SARS-CoV-2 (solo test positivo)?
  • (ii) l’esito principale dell’infezione da COVID-19 incidente durante il follow-up è stato raccolto in membri della famiglia non immuni. E i membri immuni? Nello studio sono incluse complessivamente 239.739 persone immuni: se fossero tutte vaccinate, ci si potrebbe aspettare tra 1.648 e 6.867 infezioni da SARS-CoV-2 in base alla protezione conferita dai vaccini. Queste infezioni sono state valutate in qualche misura?
  • (iii) si dice che gli individui con una sola dose di vaccino prima della data indice (n = 716.270) sono stati esclusi, tuttavia fanno ancora parte delle famiglie incluse secondo il diagramma di flusso dello studio? Come sono stati considerati?
  • (iv) secondo le modalità, “sono stati definiti familiari i familiari conviventi presso lo stesso domicilio”, è sufficiente per identificare una famiglia in Svezia? Che dire della possibilità che più di una famiglia condivida lo stesso indirizzo, ma vivano in appartamenti diversi?
  • (v) nella Tabella 1, in alto a destra: “individui con immunità abbinati a individui senza immunità” dovrebbe essere “individui senza immunità abbinati a individui con immunità”.

Studio originale: https://jamanetwork.com/journals/jamainternalmedicine/fullarticle/2785141

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