MAURIZIO FEDERICO (ISS): “VACCINI COVID PROVOCANO REAZIONI AVVERSE E NON SI CONOSCONO EFFETTI A…
Maurizio Federico, responsabile del Centro nazionale per la Salute globale dell’Istituto Superiore di Sanità, ha dichiarato in un’intervista esclusiva a Il Giornale d’Italia: “Fondamentale studiare reazioni avverse da vaccini Covid-19, dalle miocarditi alle ricadute tumorali, perché veicolano grande quantità di proteina Spike dai potenziali effetti dannosi. Ho inoltrato la richiesta al sottosegretario Gemmato. Tachipirna, vigile attesa e assenza di autopsie hanno contribuito ai decessi”
Fonte: Il Giornale d’Italia
Prof. Federico, qual è la sua opinione sulle reazioni avverse al vaccino Covid?
È fondamentale, ormai ineludibile, cominciare a lavorare e studiare per identificare e comprendere questo tipo di fenomeni. Tra le reazioni avverse parliamo di miocarditi, di impatti sul sistema nervoso centrale e periferico, ma anche di conseguenze a livello ematologico e sullo sviluppo di anticorpi di autoimmunità.
Una cosa importantissima e molto misteriosa è anche la proteina Spike e la sua nocività.
È necessario che non ci si limiti solo ai vaccinati. Bisogna studiare anche tutti coloro i quali sono stati infettati e magari soffrono di quella che viene definita come long-covid disease, cioè dei postumi protratti nel tempo. Questi ultimi sono assimilabili sempre agli effetti di questa nociva proteina (Spike) che o innesca qualche meccanismo immunitario perverso o persiste nel circolo, come è stato ampiamente dimostrato, per almeno 60 giorni.
Io credo che davanti a questi dati e fenomeni (anzi, forse anche prima che si avessero) sarebbe importante procedere come stanno pensando di fare in Germania. Il Ministro della Salute ha già rilasciato dichiarazioni in questo senso: avviare un progetto nazionale che inizi a studiare gli eventi avversi, malori e morti improvvise in maniera metodica e sistematica. Solo così riusciremmo a prendere in mano e studiare questo problema.
Ho inoltrato la richiesta al sottosegretario Marcello Gemmato, che ha sempre mostrato una grande sensibilità verso i temi correlati al covid, ed è tuttora in fase di valutazione.
Sul rischio oncologico?
Fa parte di tutte le cose che dovremmo studiare. Non c’è letteratura clinica, c’è letteratura sperimentale, ma poca, forse anche pochissima. Qui però degli autori statunitensi dimostrano che negli animali l’induzione da parte della Spike di un determinato fattore solubile si mette in correlazione con l’esacerbazione di tumori già formati. C’è un aumento di metastasi.
È un’evidenza sperimentale di cui uno dovrebbe fare tesoro per poi vedere se nell’uomo succede una cosa al genere. Le cose vanno studiate, non vanno eliminate solo perché sono troppo complicate o troppo negative.
Ha osservato anche lei queste casistiche?
L’ho osservato nella mia famiglia. Però ciò non vuol dire niente. Non è questa la strada da intraprendere per cercare di sensibilizzare la gente perché purtroppo ognuno racconta la sua.
Secondo lei perché in Italia non si attua un progetto di studio sistematico sulle reazioni avverse?
Infatti: tempo fa lo avevo sottoposto al Sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato. Lui in persona mi ha tanto aiutato, mi è stato sempre vicino anche con le interrogazioni, però non siamo ancora riusciti ad avviare un progetto perché non si avevano ancora i mezzi.
Adesso la mia sensazione è che la politica e in particolare FdI vivano una situazione di transizione, non sono ancora sufficientemente autonomi né sufficientemente forti da prendere certe decisioni.
È giusto ascoltare anche i medici che trovano casi non “in linea” con quelli degli altri?
Assolutamente sì. La scienza è fatta pure di queste cose, dobbiamo accettare che su 100 scienziati 90 dicono una cosa e 10 dicono la cosa opposta. Non ci dobbiamo scandalizzare per questo e non dobbiamo colpevolizzare chi ha tante altre evidenze. Poi si trae una conclusione. Dobbiamo ascoltare anche chi dice una cosa contraria a quello di cui siamo convinti e/o ci sentiamo raccontare quotidianamente.
Che cosa ne pensa del vaccino come sostitutivo dell’immunità di gregge?
L’immunità di gregge non sussiste con questo tipo di patologia, è un concetto che non si applica. Il vaccino non può essere la risposta.
Quando ci si infetta con il Covid-19 l’immunità si sviluppa a livello delle vie respiratorie soprattutto e si sviluppa in maniera adeguata a proteggerci dalle superinfezioni e da ulteriori attacchi del virus, che possono avvenire in un lasso di tempo, misurabile in mesi.
Quando invece ci si vaccina si ottiene un altro tipo di risposta perché il preparato vaccinale viene inoculato intramuscolo, quindi viene indotta una reazione immunitaria forte, ma a livello del sistema circolatorio, non respiratorio.
È documentato che l’immunità a livello dei polmoni c’entra poco, se non nulla, con i fenomeni immunitari che attengono nel circolatorio. Ovvero, il vaccino non riesce ad arrivare ai polmoni, se non in maniera funzionalmente scarsa o inadeguata. In pratica non protegge nulla a livello delle vie respiratorie sia superiori che inferiori.
Non si applica solo al Covid, ma a tutte le malattie respiratorie come tubercolosi, virus influenzale, etc…
È stato certificato da Anthony Fauci stesso in una review importante su una rivista importantissima che si chiama Cell Host & Microbe, una delle tante riviste di Cell, una collana di giornali scientifici al top del mondo. Lui stesso conclude dicendo che questa generazione di vaccini mRNA per le vie respiratorie è da considerarsi “largely unsatisfactory”, cioè fortemente inefficace. Testuali parole nell’ultima riga delle conclusioni di questo lavoro. È uscito a fine gennaio 2023, recentissimo.
Il problema in particolare di questi vaccini da Covid-19 è che sono stati pensati e costruiti per codificare, per “comandare”, una quantità enorme di proteina Spike, che purtroppo ha effetti non voluti. Si lega nei posti sbagliati e provoca effetti dannosi.
Perché c’è questa ostinazione a vaccinare tutti ancora oggi? L’altro giorno Mulè all’incontro alla Camera ha detto: “Dobbiamo vaccinare tutti, tutti”
La prego, mi faccia un’altra domanda! Non lo so, non ci sono basi scientifiche. Basta leggere due “stracci” di lavoro internazionali e questa ostinazione cade immediatamente. Per un certo periodo mi sono illuso che le cose potessero cambiare in maniera radicale, ma vedo che stiamo facendo molta, molta, molta fatica, e quindi io non so che dire. Mi piacerebbe parlarci direttamente con queste persone.
Che cosa ne pensa delle vaccinazioni ai bambini e agli adolescenti?
Io personalmente ritengo le vaccinazioni fatte sugli adolescenti e sui bambini gravemente ingiustificate. Adesso più che mai, ma pure nei tempi trascorsi e anche nei tempi più bui. Proprio basandosi sul fatto che noi adesso abbiamo pochissime conoscenze su quello che può succedere.
Noi non sappiamo nulla degli effetti a medio e a lungo termine. Utilizzare questi vaccini su persone con un’aspettativa di vita lunga e sperabilmente lunghissima mi sembra un azzardo fuori luogo.
In più i bambini e gli adolescenti sono stati aggrediti dal covid in maniera veramente non rilevante in termini di popolazione. Un bambino morto è in ogni caso sempre troppo.
Si ricorda di Camilla Canepa, la prima ragazza morta con AstraZeneca?
Eh sì… era il periodo degli open day, quando andavi a farti i vaccini per un gelato… Inconcepibile. E non voglio aggiungere altro. Sono cose su cui sarebbe interessante riuscire a capire perché sono state fatte e su quale base. Speriamo che vengano fuori questi discorsi nelle varie commissioni d’inchiesta e indagini.
C’è chi ipotizza che sia la stessa Pfizer o le case farmaceutiche a spingere sui più giovani. Cosa ne pensa?
Io non ho evidenze dirette, quindi non ho alcuna certezza. Lo posso solo intuire e mi sembra abbastanza scontato che possa essere così.
Il discorso è che in assoluto per questi tipi di vaccino, con tutti i limiti che hanno avuto, forse si poteva in parte giustificare per una categoria di persone specifica, i fragili, gli anziani, ovvero persone con un’aspettativa di vita non così lunga.
È vero che per un periodo hanno protetto con meccanismi che non sono assolutamente quelli che si speravano che fossero (quali immunodepressione) questi vaccini comunque hanno protetto senza dubbio.
Il problema è che tu vai a proteggere una popolazione di persone specifica e va benissimo, ma da qui a trascinare il mondo, bambini compresi, è un’altra cosa. Diciamo che non lo condivido.
Cosa suggerirebbe di fare sui vaccini e soprattutto ai figli, ai minori adesso?
I minori non devono insistere con le vaccinazioni. A maggior ragione adesso. Bambini e donne incinte non devono vaccinarsi.
Valutiamo semmai per gli anziani e per chi ha malattie croniche. Purtroppo i medici di medicina generale mediamente eseguono gli ordini.
Protocollo Tachipirina e Vigile attesa: quanto hanno contribuito all’aumento dei decessi all’inizio?
Questa è una bella domanda, sarebbe da fare a chi è un clinico, io non sono un clinico e quindi la mia opinione può essere assimilata a, non dico un cittadino comune, ma poco di più.
Comunque, quella direttiva è stata negativa e ha contribuito ai decessi. Poi se la aggiungiamo alla mancanza dell’assistenza domiciliare, ai problemi che si sono creati nei protocolli… È tutto un insieme di cose, una matassa che dovremmo cercare di dipanare adesso.
E per quanto riguarda gli antinfiammatori?
Mia moglie, quando si è presa il Covid, assunse il delta cortene perché si credeva ancora alla scuola “più pesante” di attaccare l’infezione con il cortisone. Adesso, anche senza andare proprio col cortisone che poteva dare qualche controindicazione, però l’ibuprofrene andava bene: ci si poteva arrivare prima.
E le autopsie?
Probabilmente non si sono volute fare. Francamente vorrei capire quali erano i veri meccanismi, le vere intenzioni, di questa scelta. Capisco che all’inizio c’era un sacco di incertezza perché non si sapeva bene con quale bestia avevamo a che vedere, ma dopo un po’ di tempo io onestamente le avrei incentivate.
Quanto ha impattato il lockdown sulla diffusione del virus? Una quarantena di 14 giorni non sarebbe dovuta essere sufficiente?
È una questione complicata. Bisogna tenere conto che all’inizio, come sta uscendo fuori dalle carte del processo [inchiesta sul Covid della Procura di Bergamo, ndr], c’è una situazione in cui tanti, anche i decisori, non sapevano bene dove mettere le mani.
I primissimi lockdown possono anche avere avuto una giustificazione, se non un senso clinico, quindi non mi sentirei neanche di accusare chi per primo approcciò questa strategia.
Con il lungo andare, a me sembra di aver letto report scientifici e anche paper che descrivono che in questi lockdown non siano stati così efficaci come ci si aspettava. Pure lì è una materia da svelare e da capire. Probabilmente, quasi sicuramente, si è esagerato, non solo con il lockdown, ma anche quello che è successo dopo.
La commissione di inchiesta sul covid cosa dovrebbe indagare?
Direi che ne abbiamo già passate in rassegna un bel po’. Al di là delle scelte politiche ed economiche, devono valutare i criteri con cui sono stati promulgati i discorsi su Tachipirina e vigile attesa, vaccinazione anche per popolazioni che evidentemente non dovevano essere vaccinate in assenza di qualsiasi studio degli effetti a medio e lungo termine.
Eventualmente, io ti dò questo farmaco ma contestualmente inizio a studiare gli effetti per capire se questo farmaco tra sei mesi, un anno, due anni può farti male. Così forse avrebbe avuto un senso. Se non abbiamo tempo, te lo do però nel frattempo mi do da fare, mi sbatto mattina e sera per capire se ho fatto una stupidaggine. Purtroppo non è stato fatto. Lo trovo molto grave.
Sono certo che qualche decisore politico si sensibilizzerà su questa cosa.
Centro nazionale per la salute globale dell’ISS
Attività del centro
Svolge attività di ricerca, sia nei Paesi economicamente sviluppati che in quelli meno economicamente sviluppati, affrontando il “come applicare” le conoscenze della medicina e della biologia moderne alla salute di tutte persone che vivono sul territorio nazionale e nel mondo, con una filosofia generale basata sul contrasto alle diseguaglianze di salute, sulla lotta alle discriminazioni di genere, e un’attenzione particolare alle popolazioni più fragili e marginalizzate. Il Centro lavora per contribuire, insieme ad altri attori nazionali e internazionali, a combattere le disuguaglianze nell’accesso alla salute, in Italia e nel mondo, attraverso:
– ricerca fondamentale, clinica e operazionale sulla terapia e prevenzione delle grandi malattie globali
– ricerca sui sistemi sanitari
– progetti di cooperazione internazionale
– collaborazione con le organizzazioni internazionali che si occupano di salute
– attività di formazione, advocacy e networking
Contesto e principi del centro
La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e la nostra Costituzione indicano la salute come un diritto fondamentale, garanzia per la collettività, e strumento necessario di convivenza e civiltà. Malgrado questa convergenza, nel mondo permangono intollerabili diseguaglianze in termini di accesso alla salute e ai servizi sanitari, aspettativa di vita, e mortalità per malattie sia trasmissibili che non trasmissibili, molte delle quali prevenibili e curabili. Questo fenomeno non è limitato ai Paesi a risorse limitate, ma include anche Paesi più ricchi, soprattutto in questo particolare momento storico, caratterizzato da un difficile contesto economico-finanziario, complesse questioni geopolitiche, e processi migratori di enorme portata. Esiste quindi la necessità di lavorare sull’appropriatezza e su nuovi modelli di cura e intervento basati sull’evidenza, che mirino a innovazione ed eguaglianza distributiva, in grado di fornire cure adeguate e assistere le disabilità, e tutelare il benessere psicofisico di tutta la popolazione, anche in contesti sociali e ambientali complessi e difficili. I principi che guidano le attività del Centro partono quindi dal concetto che in un mondo globalizzato, il diritto alla salute e all’accesso universale alle cure deve rappresentare una priorità di intervento, alla quale il nostro Paese e il nostro Istituto non possono sottrarsi.
Anche i sistemi sanitari dei Paesi più economicamente sviluppati, attraversano un’importante crisi di sostenibilità finanziaria. Le cause sono diverse e includono: il cambiamento demografico con il positivo aumento dell’aspettativa di vita, tuttavia collegato con un aumento esponenziale della prevalenza delle malattie croniche e della polimorbidità; il progresso scientifico della biomedicina e lo sviluppo tecnologico, che sta portando benefici impensabili fino a qualche tempo fa, ma anche ad un esponenziale aumento dei costi; l’aumento della consapevolezza e delle giuste richieste di salute dei cittadini.
Per evitare che questa crisi influisca negativamente sull’efficienza dei servizi, e colpisca in modo rilevante la parte più fragile della popolazione, in pratica le persone più povere e marginalizzate, la via è quella di lavorare sull’appropriatezza e su nuovi modelli di cura e intervento basati sull’evidenza, che mirino a coniugare innovazione ed eguaglianza distributiva, in grado di fornire cure adeguate, assistere le disabilità, e tutelare il benessere psicofisico di tutta la popolazione.
Attraverso questo Centro, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) si propone come riferimento indipendente e terzo delle attività di salute globale nel nostro Paese.
Il Centro collabora con le organizzazioni multilaterali delle Nazioni Unite che si occupano di salute — Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), United Nations Development Programme (UNDP), World Bank (WB), Joint United Nations Programme on HIV/AIDS (UNAIDS), United Nations Children’s Fund (UNICEF), United Nations High Commissioner UNHCR), con le grandi Istituzioni nazionali (Ministero della Salute) e internazionali, come il Global Fund, con le organizzazioni non governative, con le comunità e le associazioni di pazienti, con l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo e il Ministero Affari Esteri e Cooperazione Internazionale, con le strutture che fanno ricerca sulla salute globale a livello nazionale, europeo e internazionale, e con le competenze presenti all’interno dell’Istituto Superiore di Sanità sulle grandi patologie, infettive e non infettive, le malattie rare e neglette, l’epidemiologia ambientale, la sicurezza alimentare.
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