THE TWITTER FILES : “Twitter e l’ombelico dell’FBI”
Redazione 5 Gennaio 2023 1Il sistema della censura digitale su Twitter si è evoluto negli anni. Se nel 2017 i processi di verifica degli account sospetti partivano solitamente dall’interno e colpivano alla fine solo un numero limitato di account, nel 2020 la macchina della moderazione era diventata “un’autostrada dell’informazione standardizzata ad alta velocità”, attraverso la quale le più svariate agenzie governative e la comunità dell’intelligence, passando attraverso l’FBI, trasmettevano a Twitter lunghi elenchi di richieste di verifica su account ritenuti “sospetti”, aspettandosi che Twitter non si limitasse a controllarli, ma procedesse con solerzia alla loro eliminazione. È così che il numero degli account oscurati o sospesi, per le più svariate e fantasiose ragioni, a volte solo perché rei di veicolare narrative sgradite, è cresciuto smisuratamente. Se è vero che Twitter si è intascata 3 milioni di dollari per questo lavoro sporco, come ha rivelato Michael Shellenberger in uno dei capitoli precedenti, si è trattato, a ben guardare, di una cifra infima rispetto all’enorme mole di lavoro cui i funzionari di Twitter sono stati sottoposti a cavallo delle elezioni presidenziali del 2020, oberati com’erano da richieste di ogni tipo. Il “rapporto ombelicale” che si è instaurato alla fine tra Twitter e l’FBI ha trasformato Twitter in un subappaltatore. Per di più, sottopagato.
Articolo originale: https://taibbi.substack.com/p/twitter-files-twitter-and-the-fbi, TK News, Substack, 3 gennaio 2023. Versione estesa del thread Twitter:
TWITTER FILES: TWITTER AND THE FBI "BELLY BUTTON"
di Matt Taibbi, scrittore, giornalista e podcaster, ex redattore collaboratore di Rolling Stone.
TWITTER FILES: TWITTER AND THE FBI "BELLY BUTTON"
di Matt Taibbi, scrittore, giornalista e podcaster, ex redattore collaboratore di Rolling Stone.
di Matt Taibbi, scrittore, giornalista e podcaster, ex redattore collaboratore di Rolling Stone.
Nella prima settimana di maggio 2020, al culmine del panico da Covid-19, Stacia Cardille, dirigente legale senior di Twitter, ha ricevuto una comunicazione dal Global Engagement Center (GEC), l’aspirante braccio operativo/analitico del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti. Fondato negli anni di Obama sotto il Segretario di Stato Hillary Clinton, il GEC era come un aspirante versione della NSA o della Defense Intelligence Agency del Dipartimento di Stato.
In allegato a un lungo elenco di nomi c’era una nota del GEC (ricordate: siamo ancora sotto l’amministrazione Trump) che diceva, tra le altre cose:
Stiamo fornendo questi 5.500 account che mostrano un comportamento inorganico e seguono due o più dei 36 account Twitter diplomatici cinesi che abbiamo identificato nel rapporto. A causa del fatto che questi account seguono due o più di questi account diplomatici e una buona parte di essi è di nuova creazione, riteniamo siano sospetti.
L’elenco di “account che mostrano un comportamento inorganico” faceva parte di quello che un altro dirigente legale di Twitter descriveva come lo sforzo da parte del Dipartimento di Stato diretto da Mike Pompeo di “marcare a uomo i media” per fare in modo che “la Cina venisse considerata responsabile di diffondere disinformazione sul crisi del COVID”.
Solo un giorno prima, mercoledì 6 maggio, l’Associated Press aveva diffuso la notizia di un rapporto di quattro pagine del Dipartimento per la sicurezza interna in cui si affermava che i leader cinesi “hanno intenzionalmente nascosto la gravità” dell’epidemia di Covid-19. Ora il Dipartimento di Stato, attraverso il GEC, aveva iniziato a muoversi.
Nel giro di un giorno dalla ricezione dell’elenco del GEC, i dirigenti di Twitter erano nel panico. Un rapido esame degli account ha rivelato ciò che i dirigenti dell’azienda chiamavano eufemisticamente “preoccupazioni”. La Cardille, il responsabile del settoreTrust&Safety Yoel Roth e altri hanno immediatamente redatto una risposta al GEC:
Grazie per aver condiviso con noi le informazioni… Abbiamo iniziato a esaminare l’elenco di 6.000 account fornito dal GEC questa mattina e nutriamo serie preoccupazioni… Nella nostra revisione iniziale, abbiamo già identificato numerosi account appartenenti a entità governative nelle Americhe tra cui Canada, ONG e organizzazioni per i diritti umani e giornalisti.
Il dramma che scoppia successivamente tra Twitter e il Dipartimento di Stato è illuminante, sia riguardo alla natura della burocrazia pubblico-privata che controllava la “moderazione dei contenuti”, sia riguardo alla cultura interna di Twitter, che quell’anno avrebbe finito per ribaltarsi di 180° diventando un enorme collettore di richieste di moderazione dall’esterno, ancora una volta dopo e nonostante un’iniziale dimostrazione di resistenza.
"Siamo tutti in questa lista"
I dirigenti di Twitter sembravano particolarmente irritati dall’idea che il GEC stesse prendendo l’intelligence di qualcun altro per poi usarla con la stampa con l’obiettivo di aprirsi la strada nell’esclusivo club della moderazione. Il DHS aveva diffuso un rapporto sulla disinformazione cinese solo pochi giorni prima che il GEC contattasse Twitter.
In questa fase, Twitter non aveva più remore nel lavorare con il Congresso, l’FBI, il DHS e l’Ufficio del direttore dell’intelligence nazionale (ODNI). Tuttavia, non sembrava affatto ansiosa di lavorare con il GEC, che percepiva come un fratello minore della comunità dell’intelligence e per di più “politicizzato”, come ebbe a dire Roth, che in twitterese significava essenzialmente essere “pro-Trump”. Apparentemente, la società aveva avuto problemi simili con alcune agenzie del Pentagono a partire dal 2017. Un’ex fonte dell’intelligence della difesa ha suggerito che Twitter preferisse l’FBI perché era “meno trumpiana”.
È difficile dire quanto il GEC fosse effettivamente “trumpiana”. Quel che è certo è che i dirigenti di Twitter erano contrari a lasciare che la neonata agenzia statale mettesse le mani sulla sua magica macchina di moderazione, preferendo “mantenere il cerchio della fiducia piuttosto ristretto”, come disse Roth.
“Ovviamente, il [Dipartimento di] Stato è un soggetto importante e non vogliamo trascurarlo”, scrive Roth il 6 maggio 2020, “ma voglio che continuiamo a mantenere una distinzione tra le relazioni di grande fiducia e valore che abbiamo costruito nel corso degli anni con entità dotate di notevole competenza e autorità… e altre parti del governo USA che possono impegnarsi su queste questioni di volta in volta (a volte in modi più politicizzati di altri)”.
La Cardille sosteneva che lasciare completamente fuori il GEC era una cattiva idea e che era meglio mostrare con essa “buona volontà”, ma comveniva che il GEC fosse un’agenzia amatoriale e una cattiva notizia. “Non ci si può fidare di loro, soprattutto se possono ottenere vantaggi politici”, scrisse.
Una rapida revisione interna dell’azienda rivelò che l’elenco del Dipartimento di Stato includeva account appartenenti all’esercito canadese, ONG occidentali e giornalisti, incluso un account della CNN. La metodologia del [Dipartimento di] Stato era incredibilmente ampia e includeva rapporti che seguivano “due o più” diplomatici cinesi. “Siamo tutti in quella lista”, scherzò un membro dello staff di Twitter.
Roth arrivò persino a far circolare internamente un tweet di Bellingcat in cui si prendevano in giro le conclusioni del GEC. “Oh sì, la disinformazione secondo cui le sanzioni statunitensi stanno contribuendo alla morte degli iraniani durante la pandemia”, sogghignava Aric Toler.
Twitter e GEC finirono per scontrarsi pubblicamente quel venerdì 8 maggio. Il Dipartimento di Stato rilasciò a giornalisti amici la notizia secondo cui “Pechino sembra adottare sempre più tattiche russe per seminare discordia e diffondere disinformazione sui social media” sulle origini del COVID-19.
Nel frattempo, articoli come quello della CNN, intitolato “Twitter contesta il Dipartimento di Stato secondo cui la Cina ha coordinato gli account di disinformazione del coronavirus” prendevano le parti di Twitter, sostenendo che il Dipartimento di Stato di Trump includeva “account autentici” nel suo elenco di nomi. Un portavoce del GEC rispose sulla difensiva alla CNN:
“Il GEC ha fornito a Twitter un piccolo campione del set di dati complessivo che includeva quasi 250.000 account”, aggiungendo che “non sorprende che ci siano account autentici in qualsiasi campione”.
In apparenza, questo episodio metteva in cattiva luce il [Dipartimento di] Stato e faceva sembrare che Twitter non fosse così morbida come apparentemente l’avevano trovata tutte le altre agenzie. Ma il GEC avrebbe, in un certo senso, riso per ultimo in un episodio che avrebbe mostrato come le concezioni partigiane su come funzionava questo sistema di moderazione fossero probabilmente fuori base.
"Dipartimento di Stato/GEC, NSA e CIA hanno mostrato interesse"
Quando il GEC ha inviato il suo elenco di oltre 5000 account a maggio, la mossa è stata vista come un’amplificazione dei messaggi del segretario di Stato di Trump, Mike Pompeo, che aveva accusato la Cina di nascondere informazioni. I dirigenti di Twitter erano d’accordo, con spirito da moschettiere: con un voto in anticipo, non avrebbero partecipato a questo.
“Soprattutto ora che le elezioni surriscalderanno il clima nei prossimi mesi, l’introduzione di un soggetto come il GEC in quello che fino ad oggi è stato un gruppo stabile e (relativamente) fidato di professionisti ed esperti pone grossi rischi”, dice Roth.
Circa un mese dopo la figuraccia sulla disinformazione cinese, Roth ha saputo tramite la sua controparte di Facebook, Nathaniel Gleicher, che il GEC voleva un posto al regolare incontro “del settore” che includeva FBI, DHS e ODNI. Questo era troppo. Era opinione di Roth, Gleicher e Rick Salgado di Google che la partecipazione di GEC dovesse essere contrastata. Uno dei motivi addotti era sorprendente: “Il mandato di operazioni di informazione offensiva del GEC allo scopo di promuovere gli interessi americani”.
Alla fine, interviene la Cardille, dicendo di aver “anticipato” all’FBI il problema del GEC. Le sue parole incontrano il favore “di Elvis, non di Laura”. Quindi, il favore dell’agente dell’FBI di San Francisco Elvis Chan, ma non del capo della task force sulle influenze straniere Laura Dehmlow:
Ho appena parlato con l’FBI… ho anticipato loro che incontreranno resistenze nell’aggiungere il GEC. Ho parlato dei problemi che abbiamo riscontrato e ho anche sollevato il fatto che gli interessi del GEC/[Dipartimento di] Stato sono focalizzati al di fuori degli Stati Uniti e che dovremmo occuparci delle elezioni statunitensi separatamente. Ciò ha incontrato il favore di Elvis, non di Laura.
Con l’avvicinarsi delle elezioni del 2020, l’FBI, tramite Chan, negozia con Roth e altri per assicurarsi che ogni agenzia governativa interessata abbia un posto al tavolo. Un preoccupato Roth chiede su un nuovo canale Signal creato per centralizzare i briefing del settore: “Quali agenzie del governo americano saranno autorizzate?”
“Penso che con ogni probabilità ci saranno saranno FBI, DHS/CISA e ODNI”, risponde Chan. “Per tua conoscenza, [Dipartimento di]Stato/GEC, NSA e CIA hanno espresso interesse ad essere ammessi solo in modalità di ascolto. Sarò liero di ascoltare il tuo parere su questo”.
Roth ha protestato contro la partecipazione del GEC, facendo notare che i suoi membri “passano facilmente notizie alla stampa” e aggiungendo: “Inoltre, non sono del tutto sicuro che ogni membro di quel gruppo sia felice che il proprio numero di telefono venga reso disponibile a così tanta gente”.
Chan ha risposto che il gruppo Signal sarebbe stato una “comunicazione unidirezionale dal governo americano verso il settore”. Se il “settore” poteva “affidarsi all’FBI come all’ombelico del governo americano”, allora “possiamo farlo anche noi”.
L’ombelico del governo americano! Chan spiegò quindi, più in dettaglio, che l’FBI avrebbe essenzialmente coordinato i rapporti a livello federale, mentre la Cybersecurity and Infrastructure Security Agency del DHS avrebbe gestito il traffico nazionale. “Possiamo darti tutto ciò che stiamo vedendo dalle agenzie dell’FBI e dell’USIC”, scrive. “La CISA saprà cosa sta succedendo in ogni stato”.
Apparentemente questa è stata alla fine la soluzione di compromesso accettata da Twitter. Una parte significativa del settore analitico del governo – dall’FBI alla CIA al GEC – è stata in grado almeno di ascoltare, alla pari di un auditor che supervisiona una lezione all’Università, i regolari briefing di intelligence “del settore”. Questo dettaglio era importante perché, come Twitter sapeva benissimo, chiunque vedesse un flusso di informazioni su account sospetti poteva sfruttarli nei media.
Anche se non tutte le agenzie hanno ottenuto il numero di Yoel Roth (che l’agente Chan, in una curiosa dimostrazione di sicurezza operativa, ha inviato in un documento Word chiamato “Signal Phone Numbers”, tramite un’e-mail con oggetto “Elenco di numeri”), ogni agenzia, trumpiana o no, ha potuto visionare in quegli incontri le informazioni da e verso Twitter. Potevano poi anche inviare richieste tramite l’FBI.
Ciò ha portato alla situazione descritta da Michael Shellenberger due settimane fa, in cui Twitter è stato pagato $ 3.415.323, essenzialmente per aver agito come un subappaltatore sovraccaricato di lavoro. Le richieste arrivavano dagli uffici dell’FBI di tutto il paese, giorno dopo giorno, ora dopo ora: Las Vegas, Los Angeles, Baltimora. “Ragazzi, avete un elenco di quei 132 account contro cui è stata intrapresa un’azione il 29/09/2020? Vorremmo che il processo su quegli account procedesse”, chiede un agente dell’FBI a uno degli avvocati senior di Twitter poco prima delle elezioni del 2020. “Mi scuso in anticipo per averti caricato di altro lavoro.”
Twitter ha finito per accettare richieste anche da ogni possibile agenzia governativa, da funzionari statali in Wyoming, Georgia, Minnesota, Connecticut, California e altri a NSA, FBI, DHS, DOD, DOJ e molti altri. Alla fine, hanno accettato persino le richieste del GEC, che sembrava aver raccolto informazioni trasmesse durante uno dei briefing del settore e si era rivolte ai media al riguardo. Una volta che Twitter si è reso conto che il Dipartimento di Stato intendeva identificare pubblicamente account come @BricsMedia e @RebelProtests come “controllati dalla GRU”, ha fatto marcia indietro.
Questo è il retroscena dell’email descritta in un thread precedente, in cui un dirigente di Twitter con un passato nella CIA spiegava come in precedenza in casi come questi avrebbe pregerito aspettare ulteriori prove in quei casi, ma ora pensasse che ciò fosse reso impossibile dall’approccio “più aggressivo” assunto dai partner di governo di Twitter. “La nostra finestra qui si sta chiudendo”, disse.
Twitter ha finito per ricevere così tante richieste da così tanti canali diversi che i suo dirigenti sembravano confusi. “Ciao Elvis!” scrive uno, ricevendo un avviso su qualcosa chiamato Northern California Regional Intelligence Center. “È qualcosa di diverso da quello che già riceviamo attraverso il canale Signal?” Chan ha spiegato: “Condivideremo i tipici indicatori di minaccia attraverso Signal”, ha detto, mentre l’NCRIC faceva parte di una rete basata sulla sicurezza nazionale chiamata HISN, che si sarebbe “concentrata su questioni di sicurezza pubblica locale (rivolte, attentati, eccetera).”
“La mia casella di posta è un vero casino a questo punto”, scrive la Cardille, riferendosi allo sciame di richieste dell’FBI. Ricordate la “guida interna” che i leader di Twitter avevano diffuso alla fine del 2017, in cui formalmente avevano accettato di rimuovere qualsiasi utente “identificato dalla comunità dell’intelligence statunitense” come entità sponsorizzata dallo stato coinvolta in “operazioni informatiche”? Le identificazioni della comunità di intelligence nel 2020 arrivavano regolarmente e alla rinfusa, affermando che l’Agenzia russa per la ricerca su Internet stava prendendo di mira africani, sudamericani e persino afroamericani (diffondendo “contenuti dispregiativi dal punto di vista razziale” nel luglio del 2022, secondo il rapporto di un'”altra agenzia governativa”). C’era persino un avvertimento “OGA” [Other Government Agency, Altra agenzia governativa, ndt] sulla pubblicità di un libro scritto dall’ex procuratore ucraino Viktor Shokhin, che affermava di essere stato licenziato per volere di Joe Biden, per aver indagato su suo figlio.
In alcuni casi i rapporti erano incredibilmente brevi, piccoli come un singolo paragrafo, e dicevano cose come “Gli attori informatici di Advanced Persistent Threat (APT) hanno utilizzato gli account di posta elettronica allegati… per l’uso in operazioni di influenza, raccolta di social media o ingegneria sociale”. Un documento Excel contenente 660 indirizzi e-mail veniva quindi passato a Twitter. Ci sono più e-mail nel record in cui i dirigenti di Twitter esprimono frustrazione per il fatto che i “partner” del governo non abbiano nemmeno fatto il lavoro di corrispondenza dei numeri di telefono o degli indirizzi e-mail agli handle di Twitter, lasciando quel lavoro all’azienda. a.
Non tutte le richieste sono state soddisfatte. In un caso straordinario, il responsabile dei contatti con il governo di Twitter trasmise il messaggio dell’ufficio del rappresentante democratico al Congresso e allora presidente del Comitato di intelligence Adam Schiff di “sospendere numerosi account, tra cui … @paulsperry, che hanno ripetutamente diffuso le false teorie complottiste di QAnon”. Il giornalista Paul Sperry di Real Clear Investigations, per una straordinaria coincidenza, è stato il giornalista che ha rivelato il nome dell'”informatore” di Schiff nell’affare Ukrainegate. La coincidenza è stata così straordinaria che all’inizio anche Twitter ha rabbrividito. “Non lo facciamo… Questo non lo facciamo”, è stata la risposta immediata.
Questi episodi dei TwitterFiles mostrano come si è evoluto il sistema della censura digitale dal 2017. All’inizio, le e-mail aziendali erano interamente interne e le relative richieste, ad esempio relative ad account “collegati alla Russia” arrivavano caso per caso, a volte tramite incontri fisici con funzionari in luoghi come il Senate Intelligence Committee.
Nel 2020, la macchina della moderazione era un’autostrada dell’informazione standardizzata ad alta velocità, con richieste federali e internazionali che arrivano attraverso l’FBI tramite Signal e Teleporter, e richieste interne incanalate verso l’alto attraverso enti di sicurezza nazionale come l’HISN. I 3 milioni di dollari pagati a Twitter, come ha rivelato Michael Shellenberger, dal [Dipartimento di] stato non sono stati un grande affare per l’azienda, quanto più si esaminano i documenti. Twitter ha dovuto assegnare schiere di personale per far fronte a queste richieste e durante la stagione elettorale c’erano chiaramente troppe “segnalazioni” da gestire. Inoltre l’FBI e il DHS hanno smesso di chiedere il permesso a Twitter e presto hanno semplicemente inviato lunghe liste aspettandosi implicitamente che venissero soddisfatte. E quando Twitter non ha agito con sufficiente solerzia, ha ricevuto rapidamente e-mail di sollecito dal Bureau. “È stata intrapresa un’azione…? Vogliamo che il processo proceda. Oppure: “Qualche movimento?”
Lavorando attraverso l'”ombelico”, Twitter è stato un subappaltatore involontario. E sottopagato.
e pensare che coloro che avevano “subodorato” tutto questo erano stati accusati di essere “fanatici del complotto”, anzi, del “gomblotto”, come scrive sovente un tizio dimostyratosi cosi un gran pirla lui stesso