BREVE STORIA TRISTE DI KLAUS SCHWAB

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A-storicisimo, eugenetica, nazismo e singolarità tecnologica. Un tuffo nel mondo dei valori che hanno contraddistinto le origini del migliore dei migliori: Klaus Schwab.

I PIRATI DELL’ARCOBALENO

Ora che identità, solidarietà, località e sovranità sono affondate, il vascello dei pirati dell’arcobaleno veleggia con il vento in poppa, sospinto dalla brezza delle costanti transizioni ed emergenze che l’inevitabile progresso impone. Senza i timonieri della talassocrazia di Davos, costantemente intenti a re-immaginare i valori del futuro, a riorganizzare società, economia e tecnologia, per il loro bene, che sorti avremmo noi comuni umani mortali?

Non danniamoci troppo: i migliori hanno, ovviamente, la risposta anche a tale quesito. Negli anni a venire, non sarà più di moda parlare di umanità. A pensarci bene, quando mai lo è stato per cotali signori?
Dal gender washing si passerà a breve a un biological washing e il soggett* ex-umano, multietnico, androgino e robotizzato, come il soggetto iper-intelligente derivato dell’evoluzione tecnologica, estraneo a ogni rapporto con l’idea di vita finora conosciuta, prenderà il sopravvento sull’umanità.

E ci si dovrà adeguare. In silenzio. Il che non sarà un problema, per noi italiani. Siamo sempre in silenzio. La plebe costantemente muta, il bersaglio silenzioso di cui parlava Foucault, era un leone ruggente rispetto all’italiano medio, che al massimo, di ruggito, sente quello del coniglio. Tra un prosecco, una pizza e un caffè, l’italiano trova sempre irresponsabili legittimanti per ovviare alle frustate sulla schiena: escogita sempre una scusa per negare le piaghe create da quelle frustate. C’è sempre una partita, una serata, una cazzata per evitare di accettare il confronto con la storia e con la realtà. Con il nulla che stiamo facendo, per cercare di raddrizzare le nostre grame sorti.

Questo pezzo prende spunto da una più ampia riflessione, che si spera di dare alle stampe nei mesi a venire e non intende affrontare nel dettaglio il tema del prossimo e, apparentemente, inevitabile mutamento esistenziale dell’uomo.

L’A-STORICISMO: IL VOLANO DEI VALORI DEI MIGLIORI

L’intento del presente articolo è offrire un punto di vista critico rispetto all’imperante a-storicismo che permea la società aperta occidentale. Fenomeno che il padre della società aperta Karl Popper riteneva l’unico argine a tutte le peggiori violenze possibili al mondo. E che, al contrario, si è tramutato nel volano del cambiamento, violento e non, cui assistiamo dagli anni 70’ dello scorso secolo.

È l’a-storicismo il timone del cambiamento che conduce il vascello arcobaleno oltre i docks della Vecchia Albione, ogni qualvolta un mutamento radicale si rivela necessario. In molti si chiedono se Mark Twain avesse la dote della preveggenza. Certo è che un’affermazione come “L’unico vero inchiostro usato per scrivere la storia è semplice, fluido pregiudizio” non può che alimentare il dubbio. Senza consapevolezza della storia, offuscare la capacità di analizzare gli eventi e, quindi, il senso degli ideali, è un gioco da ragazzi: un gioco che può rendere fluidi quegli stessi ragazzi.

La storia della genia Schwab ne è palese conferma. Una famiglia che è da sempre legata a doppia mandata all’ingegneria meccanica, al nazismo, all’eugenetica, al nucleare e, chiaramente, all’ingegneria biomedica e, quindi, alla singolarità tecnologica.

Due premesse, sono necessarie, prima di addentrarci in una breve panoramica negli ultimi 150 anni di casa Schwab. Chi è interessato a documentarsi integralmente al riguardo, può farlo tramite questa monumentale opera di giornalismo investigativo svolta da Whitney Webb e Johnny Vedmore di Unlimited Hangout. 

Prima premessa. L’ingegneria meccanica ha avuto nel secolo scorso il ruolo che avrà l’ingegneria biomedica in quello in corso. E nello sviluppo di entrambi i fenomeni, come si vedrà, c’è, guarda caso, sempre un Nazi-Schwab di mezzo. 

SINGOLARITÀ E TITANISMO TECNOLOGICO

Secondo punto. Nel parlare del fenomeno dell’ingegneria biomedica e, quindi, dell’interazione di tecnologie invasive con il corpo umano, siano essi microchip, nanotecnologie o esoscheletri, è doveroso fare una precisazione. Come ricorda anche Lezioni Previane (grazie Giubbe), le dicotomie hanno un solo scopo: dividere. Parlare di trans-umanesimo o post-umanesimo altro non è che ottemperanza al divide et impera essenziale alla sopravvivenza del sistema. Inoltre, un’attenta analisi semantica del termine fa immediatamente emergere il vero senso dell’espressione “singolarità tecnologica”. Non vi è considerazione alcuna per l’elemento umano. Perché dovremmo quindi parlare di trans o post umanesimo?

Non è un binomio che postula una qualche sorta di evoluzione della vita umana. Al contrario, esprime, ci sia concessa l’espressione, un’idea di “titanismo tecnologico”. Ciò che affiora interiormente, è un’idea di sovversione della natura, una fagocitazione omnicomprensiva, la definitiva presa di controllo tecnologica su ogni aspetto dello scibile.

È, infatti, più lecito temere che, a breve, la tecnologia si ribelli all’uomo, e con successo: non come Prometeo contro Zeus e gli dei dell’Olimpo.

Per certo, la famiglia Schwab ha fatto, e sta facendo di tutto, per alimentare questa tensione a sfidare l’incommensurabile, questa ribellione prometeica volta a elidere l’idea d’umanità finora nota. Il capostipite degli Schwab, Gottfried, è nato a Karlsruhe il 10 luglio del 1870, in quello che era il Granducato di Baden, governato al tempo dal Gran Duca Federico I, futuro imperatore del regno Germanico. Nel 1893 Gottfried emigra in Svizzera e, dopo alcuni anni sposa Marie Lappert, che in data 27 aprile 1899 dà alla luce Eugen Schwab, padre di Klaus.

L’ingegneria meccanica diventa nel frattempo la specializzazione professionale di casa Schwab, come testimonia la carriera di Gottfried, quella del figlio Eugen e, chiaramente, quella del futuro pargolo Klaus. Non solo la specializzazione, ma anche il percorso professionale di Klaus ricalcherà quello del padre, così come uello del padre aveva ricalcato quello del nonno. Schwab è sinonimo di ingegneria meccanica oltre che di Escher-Wyss, azienda leader nel settore dell’ingegneria meccanica.

L’azienda, di origine elvetica, aveva una filiale nell’Alta Svevia, per la precisione a Ravensburg, nel land del Baden-Württemberg a sud della Germania. Negli anni successivi alla Grande Depressione e antecedenti l’annessione polacca da parte del regime nazista, l’avvento di Eugen Schwab le permette di risollevarsi dalla crisi.

SCHWAB: IL MODELLO DEL NAZISTA PERFETTO

Sotto la gestione Schwab, l’azienda diventa il principale datore di lavoro della città e una delle più importanti a Ravensburg. Il lavoro svolto dal top management tedesco conferisce una tale l’importanza a quella filiale che il partito nazista lainsignì del titolo di “Società modello del nazionalsocialismo”. Non solo Escher-Wyss, ma anche lo stesso Eugen Schwab e la zona del Ravensburg iniziarono ad assumere sempre maggiore centralità nel disegno atlantista-nazista.

Schwab all’epoca era uno dei più stretti confidenti di Adolf Hitler, il che aiuta a spiegare come mai tutta la zona di Ravensburg fosse divenuta crocevia di attività quantomeno singolari durante la seconda guerra mondiale. È noto che tale zona non fu mai bombardata dagli alleati durante tutto il secondo conflitto bellico. Si dice che la presenza della Croce Rossa e un accordo della stessa Escher-Wyss con gli alleati le avesse garantito tale immunità permanente.

Come si diceva poco sopra, però, Ravensburg rivestiva un’importanza capitale anche per chi muoveva, occultamente, i fili delle dinamiche europee dall’altra parte dell’Atlantico. La sua stretta contiguità geografica con la Federazione Elvetica era funzionale a tanti fini, tra cui quelli della Pilgrims Society. Che, tramite la spia e futuro direttore della CIA (1953-61) Allen W. Dulles e le altre spie Edwin W. Pauley (Intelligence Alleati) e William J. Donovan (direttore dell’OSS, precursore della CIA) e grazie alla collaborazione dei nazisti, avevano trasformato Ravensburg in un hub per il trasporto dell’oro rubato in Europa. Oro poi destinato a trovare sicura custodia nei caveau della Banca di Svizzera.

Non sorprende, quindi, che il rapporto tra Escher-Wyss e il regime di Berlino si sia consolidato sempre più nel tempo, permettendo alla Wehrmacht consistenti progressi. Coerentemente con l’ethos nazista che animava Escher-Wyss, l’azienda aveva il suo piccolo campo di concentramento contiguo alla produzione principale, per permettere, a chi era inviato dal regime a svolgere i lavori forzati, di trovare “impiego”. Secondo i registri dell’archivio locale di Ravensburg, tra le 198 e 203 persone fecero esperienza di tale spazio all’interno di Escher-Wyss. Che cosa avveniva nel perimetro di tale area? Si poteva assistere all’impiego delle prime tecniche eugenetiche contro “gli inutili mangiatori”.

OSSESSIONI SCHWABIANE: FLESSIBILITÀ, MEDIA, NUCLEARE E TECNOLOGIA

Quanto sopra rappresenta sommariamente un quadro generico del sostrato etico in cui vede luce, nel 1938, il migliore dei migliori: Klaus Martin Schwab. Uno di fronte al quale, anche il “migliore” nostrano, il super nonno per alcuni, il gerarca o il vile affarista per altri, è costretto a fare gli ossequi.

Durante il Master all’università di Harvard, Klaus Schwab conosce Henry Kissinger, il criminale di guerra che fa paura alla guerra stessa, e che il migliore dei migliori, definisce “una delle figure più importanti nel mio sviluppo personale”. Nel 1967, dopo aver conseguito il dottorato in Economia all’Università di Friburgo, Schwab finisce, casualmente, a lavorare per l’azienda Sulzer-Escher-Wyss, a Zurigo.

L’azienda era nuovamente alle prese con una ristrutturazione aziendale, che venne quasi totalmente gestita dal nuovo arrivato Schwab, guidando un’alleanza con l’azienda Brown Boveri e altre importanti collaborazioni per il futuro successo del gruppo. Il cambio di modello di business imposto da Schwab trovava origine nella sua visione imprenditoriale, che faceva perno sull’idea secondo cui: “gli impiegati devono accettare gli imperativi motivazionali e assicurare all’azienda un senso di flessibilità e manovrabilità.”

Un’altra ossessione che ha caratterizzato la carriera di Klaus Schwab, è stata quella per i rapporti con la stampa, come testimonia il lancio de “La giornata della stampa dell’industria meccanica”, nel 1969.
Durante la conferenza, Schwab si distingue per alcune considerazioni, tra cui in particolare quella secondo cui le aziende improntate a un modello di business management autoritario sarebbero incapaci “di attivare a pieno il capitale umano”. Cosa che, invece – siamo sicuri – sarà assolutamente possibile quando il capitale sarà gestibile da remoto tramite la tecnologia.

Come già detto, il potere immaginale della cricca di Davos ha la capacità di sondare anfratti dell’assurdo raramente scandagliati prima dal pensiero umano. Un altro dei crucci dei primi anni di carriera di Schwab è quello per il nucleare. Già da prima dell’arrivo di Schwab, brevetti del 1962 e 1969 danno prova dell’impegno di Sulzer-Escher-Wyss sul fronte dello sviluppo di tecnologie nel comparto nucleare. È proprio con l’arrivo del nostro prode, però, che gli aspetti più oscuri dei rapporti tra l’azienda e tale forma di tecnologia si fanno più marcati.

Fu Schwab, infatti, a dirottare la produzione del comparto nucleare di Sulzer-Escher-Wyss da scopi civili, pubblici e legali a scopi occulti, privati e illegali: in sostanza, Schwab fu tra i primi ad alimentare la proliferazione di armamenti nucleari per scopi privati.

Quanto menzionato e non solo è riportato in un documento commissionato dal Consiglio Federale Svizzero e pubblicato nel 2007, intitolato: “Switzerland and South Africa 1948-1994 – Final Report of the NFP 42+ commissioned by the Swiss Federal Council”.[1] Che cosa c’entra il Sud-Africa in tutto ciò? Il regime di Pretoria si sa dove ha avuto origine. Schwab, come emerge dal suddetto rapporto, aiutò le autorità sudafricane a produrre ben 6 armi nucleari e ad assemblarne una settima. Il tutto, chiaramente, con il beneplacito delle banche svizzere che finanziavano tali progetti.

Nel quadro appena ritratto un’intuizione, una scintilla illumina Schwab nel 1970. È in quell’anno, infatti, che scrive alla Commissione Europea, chiedendo aiuto per organizzare un think tank non commerciale per i business leaders europei.

LO SPIRITO DI DAVOS È LO SPIRITO DI HARVARD

E cosi, l’anno successivo la ridente cittadina svizzera di Davos ospita il Simposio del Management Europeo, che diverrà poi il World Economic Forum. Nel 2018 lo scrittore Ganga Jey Aratnam ha evidenziato come l’idea di Schwab di creare una onlus think tank (enfasi necessaria) che avocasse a sé il ruolo di advisor nei confronti dei leader europei peccasse di originalità:

“Lo Spirito di Davos di Klaus Schwab era anche lo Spirito di Harvard. Non solo la Business School aveva sostenuto l’idea di un simposio. Il famoso economista di Harvard John Kenneth Galbraith ha sostenuto la società benestante, nonché le esigenze di pianificazione del capitalismo e il riavvicinamento tra Oriente e Occidente, che continua fino al 2018 con il Primo Ministro indiano Narendra Modi e Trump.”

Ganga Jey Aratnam, The WEF: Hydra of Globalization, HKW, 07.10.2020

Bisogni di pianificazione che necessitano, imprescindibilmente, dell’a-storicismo per potersi realizzare e rendere eugenetica, rinnovato nazismo e singolarità tecnologica i valori del futuro. I valori dei migliori, i valori di casa Schwab.

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