La FDA ha reso disponibili le valutazioni sulla base delle quali ha ritenuto di approvare “in emergenza” i vaccini covid a RNA per i minori, inclusi i bambini da 6 a 23 mesi di età. Ora, non vale la pena perdersi sull’analisi di efficacia (VE), che per ammissione della stessa FDA non era il punto degli studi, orientati a valutare livelli anticorpali e eventi avversi, se non per dire che o è estremamente bassa (ad esempio, nei 6-23 mesi) oppure apparentemente alta, ma comunque scarsa data l’incidenza in assoluto bassa dei contagi. Contagi tutti fortunatamente lievi, quindi niente ospedalizzazioni e tanto meno decessi. Su campioni di soggetti come sempre limitati (1000-2000 massimo) e per tempi ridotti, e quindi ci troviamo sempre di fronte a trial “estetici”, che servono più che altro a giustificare l’autorizzazione fondata essenzialmente sul non aver riscontrato rischi importanti, che su numeri così ridotti e tempi così ristretti è del tutto improbabile riscontrare e il cerchio si chiude.

Sfogliando distrattamente i documenti, non si può, tuttavia, fare a meno di notare le valutazioni degli eventi avversi gravi, ad esempio per lo studio Moderna, tutti nella finestra pre-specificata di 28 giorni dagli inoculi (“plausible time interval”, malgrado sia noto che la spike vaccinale rimane nei linfonodi e probabilmente in circolo almeno fino a 60 giorni, ma questa è un’altra storia [1].

Ora, in tutte le fasce di età gli eventi gravi sono in massima parte di natura infettiva, sia virale che batterica, e la massima parte viene giudicata “non correlata” senza dare alcuna spiegazione del perché. Va bene, ci sta: non conosciamo il meccanismo del vaccino, non abbiamo una plausibile spiegazione dell’eventuale connessione tra vaccino e riduzione delle difese immunitarie (mica vero: Pfizer documenta riduzione transitoria dei linfociti e dell’interferone pichi giorni dopo l’inoculo…) e dunque escludiamo il nesso. D’accordo.

Poi, però, casca l’occhio su un evento avverso in un soggetto del gruppo placebo (tabella 32, 6-11 anni di età), positivo al covid poco dopo l’inoculo del placebo, il quale 25 giorni dopo soffre di parestesie per cui viene ricoverato. Gli fanno accertamenti e non trovano alcuna spiegazione. Diagnosi? “Long covid”.

Quindi: hai un problema medico dopo il vaccino per cui non hai spiegazioni, ma il vaccino è escluso. E va bene. Ce l’hai dopo un covid, peraltro guarito e verosimilmente pauci- o asintomatico (non lo precisa, ma nessun caso di covid in questi studi era grave), e allora è “long covid”.

“Non so Rick, non mi sembra lo stesso metro di giudizio”.

Condividi!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *