REALTÀ VIRTUALI

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Giulio Montanaro recensisce Realtà virtuali, di Giuseppe Riva e Andrea Gaggioli (Giunti, 2019).

Nel corso degli oltre 3 anni passati tra l’acquisto di “Realtà Virtuali” e questa recensione, ho avuto modo d’approfondire il tema con ulteriori ricerche, letture e riflessioni, ed ora posso, ma soprattutto, devo dirlo.

Questo libro degli Italiani Giuseppe Riva ed Andrea Gaggioli è e sarà un testo fondamentale, a livello mondiale, nella comprensione del fenomeno delle realtà virtuali. E non solo. Come recita il sottotitolo, “nella comprensione degli aspetti psicologici delle tecnologie simulative e il loro impatto sull’esperienza umana.” Le parole del sottotitolo su cui porrei l’accento sono psicologici e simulative. E vedremo il perché. Per ora, andiamo innanzitutto ad analizzare il testo.

Il pregio principale degli autori è la capacità di far comprendere anche ad un late bloomer, qual era il sottoscritto quando si è avvicinato al tema, questioni di grandissimo portato intellettuale, scientifico e civico, con estrema chiarezza. Sebbene chi scriva fatichi sempre più ad aver un atteggiamento positivo nei confronti dell’inarrestabile ed inevitabile assalto tecnologico all’umanità, forse in un disperato tentativo di confutare le sue stesse tesi, continua a rovistare nella letteratura specifica alla ricerca di un barlume di speranza per il futuro.

E il potenziale trasformativo che emerge dalle analisi di Riva e Gaggioli non può che essere accolto positivamente. Quantunque, se usato con la malignità che si tende ad associare sempre più al design del digitale, possa essere altrettanto devastante.

Facciamo ora un passo indietro alla genesi del fenomeno. La realtà virtuale è stata creata da uno scienziato, artista ed intellettuale di assoluto rilievo di origine ucraina, ma nato e cresciuto in America, che porta il nome di Jaron Lanier. Il percorso che ha condotto Lanier all’invenzione della realtà virtuale o, da altro punto di vista, che gli ha permesso di comprendere che la nostra mente è una sorta di tecnologia simulativa, che trasforma input elettrici in presunta materia, è stata la retro-ingegnerizzazione dei sensi. Lo stesso percorso seguito dal suo mentore scientifico, l’inventore delle intelligenze artificiali, nonché grande amico del filantropo Jeffrey Epstein, Marvin Minsky (sui rapporti tra Epstein e Scienza, si veda qui un mio pezzo sul tema). 

Intelligenza artificiale e realtà virtuale, profondamente difformi sotto diversi di punti vista, hanno, però. un importante comune denominatore: sono state entrambe create clonando “umanità e fisicità” per trasporle in digitale o in virtuale, a seconda dei casi.

Nella storia dell’interazione tra uomo e computer si registra, infatti, una tendenza costante a rendere il rapporto tra i nuovi media il più possibile simile a quello che ognuno di noi ha con l’ambiente reale. È un fenomeno che ha portato a creare esperienze digitali che hanno un impatto, appunto, trasformativo sulla vita delle persone. Ne mutano l’identità, le emozioni, le sensazioni e, quindi, gli atteggiamenti, tout court, in una parola: il modo di vivere.

Quello su cui gli autori italiani puntano, infatti, l’attenzione, è l’incredibile potenziale di cui potremmo avvalerci avocando alla realtà virtuale una funzione maieutica. L’esperienza in realtà virtuale ha la capacità di riprogrammare, letteralmente, il nostro modo di vedere e sentire il reale. Tramite la realtà virtuale è possibile, infatti, far emergere riflessioni comportamentali ed attitudinali volte ad un cambiamento. Manipolando le cause che le hanno generate e facendo vivere al soggetto diverse realtà possibili, l’individuo ha modo di riconsiderare ampiamente il suo punto di partenza nel valutare gli eventi in questione.

Gli autori riportano come soggetti con determinate inclinazioni razziali abbiano profondamente riconsiderato le loro idee dopo un’esperienza di body swapping ed aver vissuto, virtualmente, il cosiddetto “Proteus Effect”.

Che cos'è il body swapping

Tecnicamente è uno strumento per modificare la memoria allocentrica del corpo. Praticamente, è un’esperienza virtuale di modificazione dell’identità, delle credenze e degli atteggiamenti di un individuo.

Entrando, vivendo virtualmente nell’avatar di un’altra persona e facendo esperienza del Proteus Effect, ossia subendo l’influenza dell’avatar digitale terzo sulla nostra mente e corpo, avremo la possibilità di far esperienza emotiva di quanto un’altra persona viva.

Purtroppo, come emerge anche da recenti studi scientifici, lo stesso body swapping sta dando dimostrazione di minare profondamente la stabilità dell’individuo che vi è stato sottoposto. Non dimentichiamoci che la realtà virtuale è tuttora un fenomeno in fase più che embrionale, per scopi civili. Ergo, trattasi di vera e propria fase sperimentale per la disciplina dei rapporti tra questa e l’uomo.

Riva e Gaggioli sono infatti coraggiosi pionieri in un dominio di cui ancora non si conosce a pieno estensione, regole, rischi e vantaggi. (sul capitalismo cognitivo e il neuromarketing si veda, ad esempio, quanto ho scritto recentemente sul mio blog).

Un altro aspetto molto interessante evidenziato dal testo è il potere catartico della realtà virtuale, che può far rivivere emozioni passate, alimentarne una migliore comprensione per aiutare l’individuo ad affrontarle, permettergli di affrontarle ed aver conferma di poterle superare.

Interessanti anche le considerazioni che gli autori fanno sul metamedium e sul divenire della nuova relazione tra forma e contenuto nello sviluppo di nuove tecnologie e nuovi media.

Insomma, troppe buone ragioni, agli occhi di chi scrive, per spronare il lettore ad andar presto in libreria a comprare una copia del testo.

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