IL COLLASSO DELLA CIVILTÀ E DELLA CULTURA. OGNI GIORNO, SOTTO I NOSTRI OCCHI

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La pandemia e la guerra in Ucraina stanno portando alla luce il fanatismo latente della nostra società. Si stanno dissolvendo, sotto i nostri occhi, i capisaldi etici e politici di quella che fino a poco fa era la nostra civiltà. Un ritorno alla barbarie che non lascia spazio a valori come l’equilibrio, il pragmatismo, l’umanità.

Assistiamo, ogni giorno, alla trasformazione di un’ampia parte di popolazione in orda guerrafondaia irrazionale, assetata di sangue, con la bava alla bocca, e non possiamo farci nulla.
Rispetto a un fenomeno del genere, la possibilità di terza guerra mondiale non può essere stata, in sé, il fattore scatenante. Questo lo possiamo affermare con certezza facendo ricorso a quella facoltà intellettiva che gli uomini, gradualmente ma inesorabilmente, stanno dismettendo, ovvero la memoria.

Nelle varie fasi della Guerra Fredda tra USA e URSS, la terza guerra mondiale è stata sfiorata più volte.
Ebbene, in quelle circostanze non accadde mai che nell’occidente venisse impedito di esibirsi agli artisti russi.
Nel 1968, mentre i carri armati sovietici irrompevano a Praga, il violoncellista russo Rostropovich si esibiva a Londra eseguendo brani del compositore céco Dvorak. Oggi non solo vengono esclusi da teatri, musei e festival cinematografici tutti gli artisti russi viventi, ma la censura arriva a colpire – come si è visto con la vicenda dell’università La Bicocca riguardante Dostoevskij – finanche l’arte e la cultura dei secoli passati.

Il fatto che la propaganda militare condizionasse l’informazione era un problema anche allora, ma il giornalismo si sforzava di mantenere toni il più possibilmente sobri. Non sarebbe stata concepibile, a quei tempi, una situazione come Meta/Facebook che pochi giorni fa, in deroga alle sue stesse regole, concede il via libera, per i propri utenti, a espressioni di odio e incitazione alla violenza contro la Russia.

Anche nei momenti di maggiore tensione come la crisi dei missili a Cuba del ’62 o quella degli euromissili nei primi anni ’80, durante il conflitto USA-URSS nessuno, in Europa occidentale, si sarebbe sognato di censurare o vietare opinioni divergenti da quelle dei governi aderenti alla Nato.

Oggi, invece, assistiamo a esponenti del mondo politico che, come Giorgia Meloni, propongono di perseguire penalmente chi sostiene le ragioni della Russia e osteggia quelle della Nato. E, laddove non arriva la politica, arriva la fascia intermedia istituzionale: come nel caso del sociologo Alessandro Orsini, sospeso dall’università Luiss per avere espresso in televisione l’opinione secondo cui la responsabilità iniziale del conflitto in Ucraina ricade sui paesi Nato.

Analoghe forme repressive sono state messe in atto contro sportivi, imprenditori e altro ancora perseguitando cittadini, quindi, su null’altro che la loro nazionalità.

Ebbene, l’ultima volta che un paese nominalmente democratico ha represso sulla base della nazionalità è stato negli anni ’40, in occasione dei campi di internamento per giapponesi attivati dagli Stati Uniti dopo l’attacco a Pearl Harbor. Ma mentre quella scelta politica americana fu reputata storicamente dai più come una barbarie, oggi quei media e quell’opinione pubblica che inveiscono contro il “dittatore folle” della Russia, accettano senza fiatare che si torni a discriminare gli esseri umani sulla base della loro nazionalità.

D’altro canto, durante l’emergenza pandemica, avevamo già visto l’odio sociale veicolato dall’apparato politico-mediatico contro i dissidenti politici. Avevamo letto decine e decine di persone “di sinistra”, sui loro profili social, invocare i campi di concentramento. Da qui al passare ai pogrom il salto è stato breve. Assistiamo oggi a numerosi episodi di violenza gratuita contro enti e persone fisiche russe o di origine russa. Da giorni si ha notizia che la minoranza russa in Lituania è fatta oggetto di aggressioni e ostilità. Solo nella giornata di ieri una scuola russo-tedesca a Berlino è stata incendiata da vandali, il ristorante Russian Samovar a Washington è stato devastato da vandali (il proprietario, peraltro, non è neppure russo, è per metà ebreo e per metà ucraino).

Dinanzi a questa pandemia spirituale in cui vediamo dissolversi sotto i nostri occhi tutto ciò che avevamo definito “umanità”, come faremo a rimanere lucidi e analitici? Come faremo a mantenere accesa la luce dell’amore e della compassione, in mezzo a un’orda di mostri urlanti?

Preghiamo di riuscire a trovare, dentro di noi, questa luce e questa forza. E tutto questo sapendo che la nostra ora più oscura deve ancora arrivare.

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