“CAPIRE LA CINA” DI ADRIANO MÀDARO (GIUNTI 2021)

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L’immagine della Cina che ci forniscono i media occidentali è quella di un paese totalitario, senz’anima, popolato di formiche che si nutrono di una ciotola di riso, per squarciare il velo di ignoranza che ci viene imposto si può ricorrere alla lettura di qualche volume scritto da occidentali che hanno vissuto veramente in prima persona cosa sia la Cina. Una di queste letture potrebbe essere “Capire la Cina” di Adriano Madaro (Giunti 2021)

L’immagine della Cina che ci forniscono i media occidentali è quella di un paese totalitario, senz’anima, popolato di formiche che si nutrono di una ciotola di riso, per squarciare il velo di ignoranza che ci viene imposto si può ricorrere alla lettura di qualche volume scritto da occidentali che hanno vissuto veramente in prima persona cosa sia la Cina. Una di queste letture potrebbe essere “Capire la Cina” di Adriano Madaro (Giunti 2021)

Adriano Madaro è un giornalista, scrittore e profondo conoscitore del Mondo di Mezzo. I suoi scritti, spesso frutto di ricordi del proprio vissuto personale, lo rendono un sinologo sui generis, non un freddo analista geopolitico quanto un vero conoscitore della realtà cinese. Forte dei suooi 216 viaggi in Cina, i suoi resoconti sono acquerelli di chi ha toccato con mano e visto con i propri occhi la realtà delle cose.

Nonostante la voluminosità del libro, la lettura scorre veloce in uno stile leggero più da viaggiatore che da critico, rendendo il testo adatto sia ai più esperti che ad un primo approccio. Consapevole che «non si può capire la Cina odierna se non si conosce ciò che è stata in passato», il giornalista ci accompagna nella storia del Paese e dei suoi rapporti con l’Occidente, spiega l’origine e l’evoluzione delle relazioni tra Cina e Italia, ricordando in particolare le figure di tre italiani, Marco Polo, Matteo Ricci e Giuseppe Castiglione, che hanno avuto con la Cina un rapporto privilegiato grazie al modo in cui vi si sono approcciati. Una modalità che l’autore stesso adotta nella sua lunga e assidua frequentazione della Cina e dei cinesi. Anche lui, come i suoi illustri predecessori, ha abbandonato il punto di vista occidentale adeguandosi a quello cinese, unica via per la reale comprensione.

Màdaro arriva poi ai tempi più recenti, ricorda Mao Zedong e il rapido sviluppo seguito alle riforme promosse da Deng Xiaoping, si sofferma sul sogno cinese e sul socialismo con caratteristiche cinesi, espressioni che sentiamo ripetere con insistenza quando oggi si parla di Cina e del suo uomo simbolo, il presidente Xi Jinping, di cui Màdaro scrive nell’ultima parte del libro. Nella quarta parte, trovano spazio anche le relazioni tra Cina e Stati Uniti, soprattutto in relazione alle scelte adottate dal precedente presidente Usa Donald Trump, e il progetto della Nuova Via della Seta, di cui si è tanto parlato in Italia in occasione della visita del presidente cinese nel marzo del 2019.

Ho trovato particolarmente interessante, poi, il capitolo in cui il giornalista affronta il tema spinoso delle questioni territoriali aperte in Cina, dal Tibet allo Xinjiang, fino alle isole contese nel Mar cinese meridionale. Màdaro, seguendo il suo interesse per la geografia, sceglie di ripercorrere le vicende di questi territori basandosi sulle mappe storiche dell’Asia degli ultimi due secoli. Un approccio per me assolutamente inedito, che merita di essere letto con molta attenzione.

Particolarmente interessante poi la parte che lo scrittore dedica ai rapporti personali: quello del rapporto a distanza con Armand Su, un poeta poliglotta finito travolto dai tumulti della rivoluzione culturale, incrontrato finalmente incontrato di persona nel suo primo viaggio. L’incontro con la vedova dell’ultimo imperatore come quello con Mao Xinyu, il nipote di Mao Zedong.

Nell’insieme una lettura facile che getta un po’ di luce su un mondo a noi completamente alieno.

Un amore, quello di Màdaro, quasi adolescenziale, che si riassume perfetta mente nella frase che chiude il libro:

«Credo nell’interesse di tutti che la Cina, dopo le sue storiche vicissitudini spesso dolorose, debba riappropriarsi del suo ruolo di protagonista centrale. Lo pretende il suo stesso nome: Zhongguo».

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