Che questi prodotti non servano a ridurre la trasmissione dei contagi è acclarato. Che proteggano parzialmente dal contagiarsi e dallo sviluppare covid lieve ce lo dissero gli studi autorizzativi (peccato che li stopparono a due mesi, così toccò a noi faticosamente scoprire che questa protezione non andava oltre i tre-quattro mesi, e ora che sia così ce lo dice anche il medesimo governo che ostinatamente all’inizio lo negava [ma mettetevi nel loro panni, non avreste fatto lo stesso anche voi?]).

Ma, almeno, vaccinarsi protegge dalla malattia grave e dai decessi. O no? Prendiamo i dati ISS, un report a caso ad esempio quello del 21 dicembre scorso (Tabella 0).

Se stiamo al gioco di ISS, riferendo tutte le percentuali alla numerosità assoluta dei diversi gruppi, tutto fila e tutto torna (Tabella 1).

In qualsiasi gruppo e fascia d’età e per qualsiasi esito (contagio, ospedalizzazione, decessi) l’efficacia è straordinariamente alta, sempre sopra l’80-90% (addirittura di più dei migliori studi USA, svedesi o israeliani, perfino nei vaccinati con ciclo incompleto, che in qualsiasi studio invece vanno spesso addirittura peggio dei non vaccinati: incredibiile, ma va bene così, su funziona, funziona!).

Ma, per finire in ospedale, bisogna prima ammalarsi. E, dunque, pare legittimo cheidersi se la proporzione di chi si ammala e poi finisce in ospedale sia la medesima tra le diverse categorie di persone. Chi si vaccina e poi si ammala, quante probabilità in meno ha di finire in ospedale?

Questo ce lo dice la Tabella 2, dove le proporzioni sono riferite ai positivi di ogni categoria. E qui i vaccinati con ciclo incompleto finiscono più o meno tutti come i non vaccinati: se ti contagi, poi il rischio di ospedalizzazione o peggio è lo stesso (in arancione, valori di RRR inferiori alla soglia minima del 50%). E qualche “falla la si intravede anche tra i vaccinati con ciclo completo, ma fortunatamente poca cosa.

E, tuttavia, non si può non spingere questa analisi fino in fondo, ovvero chiedendosi quanti ospedalizzati abbiano avuto infine esito infausto. E qui è la Tabella 3 a non lasciare scampo:

se si finisce in ospedale, la probabilità di uscirne pare più o meno la medesima, che le dosi siano una, due o anche tre. Anzi, in alcuni casi aver fatto più dosi porta un un rischio in eccesso (in rosso).

Ora, i numeri sono numeri e valgono quel che valgono. Io per primo nutro serissimi dubbi sulla solidità di ogni singolo numero della tabella ISS e ci sono probabimente millemila spiegazioni differenti per quanto ci stiamo dicendo. Ma, appunto, proprio perchè i numeri sono numeri, questo è quello che obiettivamente e ottusamente dicono, senza guardare in faccia a nessuno. Se poi un giorno questi numeri cambiassero, cambierebbe probabilmente anche quel che dicono. E noi saremo qui ad ascoltare. O almeno speriamo.

PS: questo giochetto l’ho fatto con un paio di report ISS e ha dato sempre i medesimi risultati, ma certo non si può escludere che numeri più recenti possano risultare anche più confortanti.

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