LA REALTÀ È UNA: LA GUERRA ESISTE E FA DA REGOLATORE FINALE DEI CONFLITTI

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L’europeo medio vive una dimensione post-storica, dove il tempo non esiste più. Non esiste più il passato e il futuro è un presente eterno. L’Occidente alla prova: riflessioni sul tema della virtualizzazione dello spazio e del tempo in vista dei nuovi disciplinamenti che si profilano all’orizzonte.

L’europeo medio vive una dimensione post-storica, dove il tempo non esiste più. Non esiste più il passato e il futuro è un presente eterno.

Parlate con i vostri amici. Io l’ho fatto e la cosa che ne è uscita è che questa dimensione è oramai insita in quasi tutti. È parte delle persone, sta dentro di loro, di quasi tutti loro, e ben pochi se ne sono liberati.

Come si fa a capirlo? Semplice: basta vedere come quasi tutti hanno pensato che la “pandemia” fosse un incidente di percorso per poi tornare all’eterno presente della normalità. Quando facevo notare loro che la storia si era messa in moto (e a grande velocità), che la “pandemia” non era solo una secchiata di acqua fredda che cade da un balcone, dove basta spostarsi di un passo di lato che al massimo ti arriva qualche schizzo e poi torna tutto come prima, mi prendevano per pazzo.

Ed eccola là la storia: con tutto il suo impatto magnificente e la sua pomposità. Alla “pandemia” è seguita la guerra, come era ovvio (almeno per me e qualcun altro che già intuiva che la “pandemia” era anche una fase preparatoria alla guerra. E alla guerra seguirà la nascita di un blocco nuovo che si trascinerà altri pezzi di mondo in un turbine globale che ridisegnerà completamente le nostre vite.

È finito l’universo deflazionato di un’Europa stanca che mastica sè stessa. Fine anche alla fantasia ridicola del mondo delle libertà. Inflazione, disoccupazione e disciplinamento saranno le nuove colonne portanti del mondo che verrà.

L’assaggio l’abbiamo avuto con la “pandemia”: lockdown come i razionamenti energetici a venire, green pass come possibile strumento di controllo della fedeltà atlantica, vaccini a durata limitata come nelle guerre batteriologiche del futuro, controllo capillare dei media e dei social con conseguente silenziamento di ogni voce vagamente sospetta.

D’altronde, dicevo tempo fa: la pandemia finirà quando finirà di essere trasmessa in tv. Così è andata: oggi 200 e fischia morti, eppure zero trasmissioni e, quindi, pochissima gente negli hub vaccinali. Flop di Novavax (e pure degli altri). Bassetti, addirittura, si lamenta che i media danno troppo spazio alla guerra e troppo poco al Covid, evidentemente orfano del suo amato microfono.

Però, l’impianto del green pass rimane, anche se ormai tutti i sani di mente sanno chiaramente (lo dicono a bassa voce, chiaro) che non serve a niente e non è servito manco prima. Lo strumento rimane lì, in bella posta, a ricordarci che d’ora in poi il tuo grado di libertà corrisponderà al tuo livello di passività.

Ahi noi che dobbiamo vederci rappresentare da un Di Maio, che, riferendosi al presidente di una potenza nucleare di dimensione continentale, dice che è “peggio di una bestia”. Lui pensa che quello che ha detto termina nel momento stesso in cui finisce di parlare. Che non avrà conseguenze future. D’altronde, nel presente eterno, se mi sloggo da Discord è finita così. L’interlocutore sta a mille chilometri di distanza, rosica un pochino e poi domani si riparte a trollare un altro utente.

Non esistono conseguenze nel presente eterno. E lo spazio è uno spazio digitale, dove la mia incolumità non è mai a repentaglio seriamente. Non si muore su Meta.

Spazio e tempo, due aspetti cruciali che l’occidentale ha completamente trasfigurato e che si affrontano in Ucraina. I Russi non rilasciano video. Manco un soldato con una gopro in testa. Gli Ucraini vivono di fake news e produzioni cinematografiche continue. Tweet, post, video, Photoshop e chi più ne ha più ne metta.

E l’europeo ci sguazza in questo magma, lo adora, perché per lui alla dimensione reale deve essere sempre sovrapposta una dimensione aumentata che fa da filtro polarizzante. Uno Xanax virtuale che a ciclo continuo gli confermi i bias cognitivi.

D’altronde, sono due anni che si va avanti così: trasfigurando la realtà per mantenere intatta una psiche collettiva oramai ridotta a spezzatino.
Non c’è tanta differenza d’altronde dalla bimba malata gravemente portata via in aereo (o elicottero, ora mi sfugge) e spacciata per gravissima novax, dal filmato della metro di Roma spacciato per i bombardamenti di Kiev.

Gli alti lai che sembrano salire come fuliggine dai comignoli delle case ogni sera all’apertura dei telegiornali non sono altro che il lamento di un Occidente non più in grado di comprendere che fuori dal “noi” esiste un “loro”, che la guerra la concepisce come esercizio dell’arbitrio umano.

Non sono tanto i pelosi piagnistei a geometria variabile per i bambini ucraini che scuotono le anime belle dell’Europa, quanto l’idea che la guerra non è più solo un elemento scenico dell’esotismo teletrasmesso all’ora di cena, bensì una possibilità concreta.

E l’occidentale, che è oramai un essere quasi completamente emozionale, vive come un sogno acquerellato questa opzione, senza capirla a fondo in nessuno dei suoi aspetti razionali (e manco quelli profondi, perché le emozioni “galleggiano” sugli strati sottostanti dove risiedono gli spiriti dei popoli), ma cogliendo solo un indistinto senso di smarrimento atavico.

Il risveglio sarà brusco e non sarà per tutti. Perderemo pezzi consistenti per strada. Alcuni proprio fisicamente. Si dissolveranno senza aver capito nulla: con un’espressione di incredulità incisa sul volto.
E toccherà a chi rimarrà in piedi (sulle rovine?) prendere la fiaccola del vero spirito europeo, deturpata da anni di occidentalismo che con l’Europa non c’entra nulla e, depurata la sua fiamma, posizionarla sull’altare della storia che verrà.

Sarà compito arduo e non necessariamente arriverà a compimento. In quel caso, di noi rimarrà una ballata come di un’Atlantide sepolta per sempre.

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1 thought on “LA REALTÀ È UNA: LA GUERRA ESISTE E FA DA REGOLATORE FINALE DEI CONFLITTI

  1. E se Putin incarnasse il processo di potere necessario alle masse di cui parla Kaczynski in la società industriale e il suo futuro? Se la storia svoltasse verso la Russia?

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