MARIO GIORDANO E IL POTERE DELLA TELEVISIONE

3

Non intendo collocare Mario Giordano su un qualche effimero piedistallo, per quanto stia dimostrando un coraggio sconosciuto alla quasi totalità dei suoi colleghi. Dico solo che la bufera scatenata su Pregliasco e sul Galeazzi è l’ennesima riprova di quanto l’informazione mainstream sia il punto nevralgico del sistema dentro cui viviamo.

È bastato che una trasmissione televisiva denunciasse il caso e subito si è mossa la Procura competente (ricordo che, circa molteplici aspetti della gestione pandemica, nei cassetti giacciono da tempo esposti di cittadini comuni) per non dire delle prontissime prese di distanza da parte di istituzioni e opinionisti, fino al decadimento della circolare incriminata nel volgere di pochissimi giorni. È bastato, cioè, che una trasmissione televisiva (una, isolata, nel grande mare del conformismo draghista) usasse i più classici strumenti della narrazione mainstream per uno scopo diverso, non omologato e mirato a mettere in luce un fatto scomodo, perché il racconto generale venisse radicalmente invertito.

Invertito – voglio ribadirlo – nei suoi tratti di fondo più resistenti. Giordano non ha messo in crisi un personaggio, un ruolo singolo, una parte. Ha messo in crisi la sceneggiatura generale.Come spiegare infatti la corsa a distanziarsi da un comportamento che pure era perfettamente in linea con l’atteggiamento generale fino a qualche giorno prima? Quanti si affannavano a dirci che sarebbe stato perfino costituzionale discriminare, in vario modo, i non vaccinati? Quanti battevano sul tasto della disparità di trattamento per creare un clima favorevole esattamente a quel tipo di misura? Perché allora il mainstream non si è stretto attorno a Pregliasco facendone il proprio eroe, e lo ha invece abbandonato a un tristissimo dietrofront? Perché hanno al più preferito avvolgere col silenzio o minimizzare e consegnare quanto prima all’oblio un’impresa del tutto coerente con le farneticazioni egemoni?

E sottolineo anche che qui non si trattava di fare i tribuni della plebe su temi ampiamente coperti da un consenso convenzionalmente unanime (come nel caso dei boss mafiosi scarcerati o degli sprechi in un’amministrazione regionale). Quel tono, quegli stilemi, quei ritmi sono stati applicati alla creazione di uno scandalo che teoricamente non avrebbe dovuto essere tale. Ha costretto almeno in parte all’emersione un senso comune sepolto.

Il castello di carte creato dai media per orientare l’opinione pubblica può essere fatto crollare solo dall’interno. Quello è il momento nevralgico di una strategia di resistenza, quella la superficie da incrinare. La stessa informazione indipendente non può incidere se non trova vie di collegamento, se non riesce a diventare serbatoio di informazioni per qualche contenitore mainstream che diverga – in tutto o in parte, provvisoriamente o costitutivamente – dalle indicazioni egemoni. Quando è possibile che ciò accada, e ora pare lo sia. Ma soprattutto, mai più si dica complottista chi riconosce che il vero potere, nelle nostre società, è in un elettrodomestico. Nel bene e, assai più spesso, nel male.

Condividi!

3 thoughts on “MARIO GIORDANO E IL POTERE DELLA TELEVISIONE

  1. Ora stanno cambiando casacca, tutti schermati dalla saturazione mediatica sul nuovo nemico: Putin.
    Quando il livello su questo tema calerà, avremo tutti riallineati unanimi sullo smantellamento del delirio di questi due anni di guerra agli italiani perpetrata dai suoi governi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *