LA GUERRA DEI NUMERI E IL SESSO DEGLI ANGELI
Redazione 21 Gennaio 2022 0Con uno straordinario contributo, il prof. Puccetti spiega come funzionano gli studi osservazionali e sperimentali alla base degli studi epidemiologici e perché, nel caso degli studi sui vaccini Covid-19, vi siano troppe fonti di bias per poter fare affermazioni conclusive riguardo alla loro effettiva efficacia. Data l’enorme quantità di fonti di bias, nessuno studio clinico è potenzialmente esente dal rischio di risultati erratici.
1. Come funzionano gli studi epidemiologici. Studi osservazionali e sperimentali
Gli studi epidemiologici si suddividono in due principali gruppi: gli studi osservazionali e gli studi sperimentali. Essi si differenziano principalmente per il ruolo dello sperimentatore: nel primo caso il ricercatore si limita a selezionare il campione e poi a osservarlo senza intervenire, in alcun modo, sulle condizioni in cui lo studio viene condotto, proponendosi di studiare la relazione tra una variabile (malattia, fattore di rischio) e un evento. Gli studi osservazionali si suddividono a loro volta in studi analitici e di studi di correlazione. Non permettono di calcolare incidenza e prevalenza, ma solo di fare una stima dei rischi (quelli analitici).
Perché non esistono studi di questo tipo per la vaccinazione Covid-19
Le questioni sono complesse, come ebbe a dire in un post il nostro amico Francesco Mascali. Quella del sesso degli angeli lo è in modo particolare, per cui noi non potremo che procedere per gradi e con attenzioni settoriali piuttosto che con una disanima completa e esaustiva che sarebbe, ancor più che ostica, forse impossibile.
Vediamo dunque le due più importanti fonti di possibili bias (sono decine, invero):
- Bias di arruolamento e formazione delle coorti: le due coorti possono già “diverse” fin dall’inizio e non essere sotto-insiemi di un unico insieme più grande (cioè la gaussiana che descrive la popolazione generale, che già sappiamo essere composta di normoreattivi, e iper- e ipo-reattivi in ugual misura). Questo aspetto è stato trattato molte volte, e rimando, ad esempio, al post del famoso “elefante nella stanza”.
- Bias di trattamento: questo è un aspetto che non ho ancora visto altrove. Posto un qualsiasi endpoint (vedi figura: suscettibilità al contagio, sviluppo di sintomi e/o malattia, ricorso a cure mediche, ospedalizzazione, necessità di terapia intensiva, evitamento della morte), come si fa a dimostrare che lo specifico mRNA codificante la spike di SARS-CoV-2 è necessario e sufficiente all’effetto preso come endpoint?
- L’effetto potrebbe essere dovuto a una immunostimolazione non specifica del sistema immunitario: lo fanno i cosiddetti immunostimolanti, tra i quali si annovera anche l’ivermectina, che è di aiuto in una varietà di infezioni virali e non. Nello studio dovrebbe comparire un gruppo che riceve ivermectina o un immunomodulatore generico al posto del vaccino.
- L’effetto potrebbe essere dovuto agli adiuvanti. Nello studio dovrebbe comparire un gruppo che riceve solo gli adiuvanti del vaccino (“veicolo”) al posto del vaccino completo.
- L’effetto potrebbe essere dovuto alla stimolazione immune da parte della combinazione di proteine virali (qualsiasi) e adiuvanti. Nello studio dovrebbe comparire un gruppo che riceve un vaccino non correlato, ad esempio quello antinfluenzale invece che quello anti-SARS-CoV-2.
- L’effetto potrebbe essere dovuto alla stimolazione della sola immunità naturale (abbiamo più volte parlato dei TLR) da parte di un qualsiasi RNA virale (che contenga citosine non metilate). Nello studio dovrebbe comparire un gruppo che riceve un tipo di molecole dette “oligonucleotidi sintetici ricchi in CpG”. (Lo so, la chiarezza questa volta soffre moltissimo della complessità: l’ho premesso, ma è importante capire il concetto e non il perché e percome dell’esempio).
Potrei andare avanti a oltranza, ma, per gli RCT, mi fermo qui. Data l’enorme quantità di fonti di bias in questo caso specifico di un vaccino genetico, nessun studio clinico ne è esente. E, a seconda che prevalgano i bias di un tipo piuttosto che di un altro, i risultati sono erratici in direzioni disparate e nessuna affermazione di comprovata efficacia può, ad oggi, essere fatta oltre ogni ragionevole dubbio. Non solo non ne se sappiamo il sesso, ma ancora non sappiamo se gli angeli stessi esistano davvero.
Paolo Puccetti è professore ordinario di Farmacologia all’università di Perugia.