ANCHE SENZA LA GUERRA, LA RUSSIA HA GIÀ SCONFITTO L’EUROPA

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L’insostenibile insignificanza dell’Europa. Questo potrebbe essere il sottotitolo di questo articolo. Jonathan Holslag disegna un quadro spietato del ritardo militare dell’Europa nel nuovo scenario multilaterale e non esita ad affermare che un’eventuale guerra in Ucraina contro la Russia trasformerebbe molti dei suoi soldati in carne da cannone. Certo, ci sarebbe il supporto degli USA, ma Washington non può permettersi una guerra contro Mosca, oggi che la Cina fa paura. Oltre a essere un nano militare, l’Europa è anche dipendente dalla Russia sul piano energetico, il che la pone oggi in una situazione drammatica. Pur trattandosi nel migliore dei casi di un risveglio tardivo, è significativo che questo pensiero venga espresso da un individuo come Holslag, legato a doppio filo alla NATO e all’establishment dell’UE.

Jonathan Holslag, EUobserver, Even without war, Russia has defeated Europe already

(foto: Romania Libera)

Indipendentemente dal fatto che sposti o meno le sue truppe in Ucraina, Vladimir Putin ha ancora una volta messo l’Europa di fronte a una realtà molto dolorosa: da un lato è troppo debole per difendersi, dall’altro non può più fare affidamento sul soccorso degli Stati Uniti.

Ci troviamo di fronte a una realtà in cui la Russia, pur avendo un’economia delle dimensioni di quella dell’Italia, può permettersi di fare il bello e iil cattivo tempo e intimidire un intero continente grazie alle sue riserve energetiche e alla sua disponibilità a dispiegare una grande potenza militare. Certo, un’invasione dell’Ucraina costerebbe una fortuna alla Russia e probabilmente finirebbe per degradarsi in una stridente guerra di logoramento. È improbabile che l’invasione sia l’opzione preferita del presidente Putin. Pur tuttavia, questo gioco d’azzardo ha anche un rovescio della medaglia. Se la Russia invaderà l’Ucraina, i costi per l’Europa saranno egualmente esorbitanti.

Obbligherà i paesi europei dipendenti dal gas a trovare alternative costose e a investire miliardi di dollari in infrastrutture, dai gasdotti, alle stazioni di pompaggio, agli stoccaggi dedicati. La Russia rimane inoltre la destinazione di importanti esportazioni e il fornitore di altre risorse oltre a petrolio e dal gas. Pensiamo solo al titanio. Mentre il Cremlino ha da tempo preparato un graduale decoupling dall’Europa, il contrario rimane impensabile per la maggior parte degli europei.

Mentre una parte considerevole della popolazione russa sosterrebbe un intervento nella parte orientale dell’Ucraina, i cittadini di molti paesi europei troverebbero difficile accettare che muoiano soldati per quello che considerano uno strano paese periferico: l’Ucraina. Ho perso il conto delle volte in cui ho sentito dirigenti aziendali europei di alto livello simpatizzare con la leadership di Putin, al punto che si ha l’impressione che siano più attratti dalla forte leadership russa che dal liberalismo occidentale.

Carne da cannone

E poi siamo onesti. Se, in questa fase, i paesi europei dovessero resistere a una grande invasione russa via terra, molti soldati farebbero la fine di carne da cannone. Le forze di terra dell’Europa occidentale sono decadute in un ingombrante corpo di pace, i loro mezzi corazzati sono inadatti al combattimento nei fangosi campi di battaglia dell’Europa orientale, la loro potenza di fuoco non può competere con quella russa e le loro infrastrutture di comando e comunicazione sono altamente vulnerabili dalle immense capacità di guerra elettronica della Russia. Inseguire terroristi mal equipaggiati è una cosa; far fronte a un formidabile esercito convenzionale pronto al sacrificio è un’altro. Molte forze di terra europee combattono con il complesso dei predatori della “Guerra globale al terrore”. Sono abituate a essere in superiorità, almeno in termini di tecnologia e potenza di fuoco, e hanno enormi difficoltà a immaginare che il cacciatore dell’ultimo decennio possa diventare la preda in un conflitto su larga scala.

L’intero approccio strategico, da questo punto di vista, è sbilanciato verso la difesa; tattiche di offesa chirurgica limitata, spesso anche a distanza. Stand-off, si chiama. Potenze di terra come la Russia si sono addestrate anche in attacchi di precisione e a lungo raggio, ma sempre combinati con potenza contundente: lanciando raffiche di missili e artiglieria e unità di grandi dimensioni che si muovono sul campo.

Sacrificio e logoramento

Se per l’Europa la priorità è l’efficienza, gli eserciti come quello della Russia tengono ancora conto del sacrificio, della ridondanza e del logoramento. Nel lessico strategico russo non esistono guerre pulite. L’Europa è carente in tutto. Se anche cercasse di evitare il coinvolgimento in prima linea, il supporto della retroguardia non sarebbe comunque molto evidente. Molti paesi non dispongono di armi di stallo o le loro scorte di munizioni sono pericolosamente basse. Gli aerei da combattimento avanzati, in grado di penetrare la difesa aerea russa, sono ancora rari. Le forze speciali, che sarebbero una risorsa cruciale, sono bloccate in Africa e hanno difficoltà ad arruolare un numero sufficiente di reclute di qualità. Gli Stati Uniti stanno lentamente rifornendo i loro arsenali con nuove munizioni di precisione a lungo raggio, ma preferiscono inviarle nel Pacifico. Conservano una notevole deterrenza convenzionale in Europa, inclusi 70.000 soldati, centinaia di veicoli corazzati preposizionati e dozzine di jet da combattimento. Tuttavia, questo non sarebbe sufficiente a contrastare un’invasione russa in un paese come l’Ucraina – e Washington semplicemente non può permettersi una guerra con la Russia ora che la Cina è diventata così potente.

Possiamo riflettere all’infinito su ciò che spinge la Russia ad accumulare la sua vasta presenza militare al confine con l’Ucraina, su come siamo arrivati ​​a questo punto, sui timori e le frustrazioni di entrambe le parti. Quel che è certo, però, è che stiamo entrando in una nuova competizione politica tra grandi potenze e che l’Europa si presenta non come una squadra forte e unita, ma come un’accozzaglia di paffuti e puerili pigmei.


Jonathan Holslag è professore di politica internazionale alla Libera Università di Bruxelles, dove insegna storia diplomatica e politica internazionale. Tiene anche lezioni di geopolitica in varie accademie di difesa in Europa e al Nato Defense College. Dal 2015 è stato consigliere speciale del primo vicepresidente della Commissione europea, fino alle sue dimissioni nel 2020. È stato anche visiting fellow presso il Nobel Institute, Rockefeller Fellow e segretario del Benelux della Commissione trilaterale. Jonathan Holslag è anche ufficiale di riserva delle forze armate belghe.

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