PFIZER-BIONTECH? UN VACCINO PER I RICCHI

0

A dirlo è una testata al di sopra di ogni sospetto come Bloomberg. Una volta scongelato, il vaccino va a male dopo 5 giorni. Dalla produzione al trasporto, dallo stoccaggio fino alla somministrazione, richiede una catena del freddo ad alta efficienza del tutto irrealizzabile in paesi poveri o con infrastrutture precarie, dove servirebbero investimenti massicci in una rete di logistica di nuova generazione a tempo di record.

Passata la sbornia, si torna lentamente alla realtà. Lunedì scorso Pfizer e BioNTech hanno annunciato che il loro vaccino BNT162b2 ha dimostrato un’efficacia del 90% durante i trial di fase 3 finora eseguiti. Sebbene manchi, ad oggi, qualsiasi evidenza circa la sua efficacia in anziani e bambini, la sua capacità di prevenire gravi infezioni e la durata della sua copertura e sebbene i risultati non siano ancora stati sottoposti a un peer-review indipendente né pubblicati su alcuna rivista scientifica, la notizia è bastata da sola a suscitare un’ondata di euforia senza precedenti in tutto il mondo. Gli indici azionari sono schizzati al rialzo, in pochi minuti le testate dei maggiori mainstream si sono riempite di titoli trionfalistici e dichiarazioni di veri o presunti scienziati che lasciavano trasparire uno smisurato ottimismo. Un articolo pubblicato due giorni fa su Bloomberg News, tuttavia, ci riporta con i piedi per terra. 

Dall'euforia alla realtà

Ottobre 2020. Celle frigorifere per la conservazione di vaccini COVID-19 in costruzione a Kalamazoo, Michigan (Jeremy Davidson / Pfizer via AP)

Analizzando la roadmap logistica pubblicata dalla Shanghai Fosun Pharmaceutical, la compagnia farmaceutica cinese che ha finanziato lo sviluppo del vaccino Pfizer-BioNTech con 135 milioni di dollari, assicurandosi i diritti esclusivi per la distribuzione in Cina, Taiwan, Hong Kong e Macau, Bloomberg ha potuto verificare come questo vaccino a mRNA richieda un’avanzata e costosa catena del freddo in grado di coprire tutti i passaggi della rete logistica, dalla produzione, allo stoccaggio, al trasporto fino alla somministrazone. Shanghai Fosun Pharmaceutical Group Co. lo distribuirà in tutta la Cina attraverso un complesso e costoso sistema di magazzini aeroportuali, veicoli refrigerati e centri di somministrazione. Una volta raggiunti i centri di vaccinazione, le dosi dovranno essere scongelate da una temperatura di -70°C a una compresa tra -2 e -8 °C e iniettate entro cinque giorni, pena l’irrimediabile deterioramento. Non solo: questo lungo viaggio dalla cella frigorifera del magazzino di produzione fino alla manica arrotolata del paziente nell’ambulatorio di iniezione dovrà essere intrapreso una seconda volta un mese dopo per la dose di richiamo. Se ciò appare praticabile, sia pure con difficoltà non trascurabili, in paesi a elevato sviluppo economico e con reti di distribuzione avanzate, in paesi poveri, in via di sviluppo e con sistemi di logistica ancora largamente subottimali ciò appare del tutto impraticabile. Significherebbe, in pratica, “dover costruire da zero reti di produzione, stoccaggio e trasporto per la necessaria conservazione del vaccino”. La conclusione di Bloomberg è che “il massiccio investimento e coordinamento richiesto fa sì che solo le nazioni ricche avranno la garanzia di un accesso al vaccino e, anche in quel caso, probabilmente solo le popolazioni urbane”.

La sua produzione è costosa, il suo componente è instabile, richiede un trasporto nella catena del freddo e ha una durata di validità molto breve”, dice il dr. Ding Sheng, direttore del Global Health Drug Discovery Institute di Pechino. Anche nei paesi più ricchi che hanno preordinato le dosi, tra cui Giappone, Stati Uniti e Regno Unito, la somministrazione del vaccino Pfizer comporterà notevoli rischi (avarie nei camion con celle frigorifere, black out dell’elettricità, lavoratori essenziali che si ammalano, scioglimento del ghiaccio ecc.). Per la distribuzione nella Cina continentale la Fosum Pharmaceutical si appoggerà alla statale Sinopharm Group Co., un distributore farmaceutico con reti consolidate in tutto il paese. Imballate in camion di celle frigorifere, le fiale arriveranno ai siti di inoculazione, dove verranno impilate all’interno di grandi frigoriferi e fatte scongelare fino a una temperatura di -2/-8 °C per un massimo di cinque giorni. “La necessità di mantenere temperature estremamente basse rischia di causare il deterioramento di molti vaccini”, dice Michael Kinch, specialista in vaccini presso la Washington University di St. Louis. Fosum Pharmaceutical investirà decine di milioni di yuan, secondo il suo presidente, ma sta anche studiando la possibilità di importare il vaccino alla rinfusa per riempire le fiale in loco. Anche così, però, si prospetta la necessità di massicci investimenti in produzione e stoccaggio. In Italia attualmente ci sono solo due aeroporti certificati per ricevere farmaci, Fiumicino e Malpensa. Nessuno dei due, tuttavia, è attrezzato con celle frigo capaci di generare le bassissime temperature richieste dal farmaco Pfizer-BioNTech. I vaccini per le altre partologie sono conservati generalmente a temperature che vanno dai -2 ai -8 °C.[1][2] Dopo l’annuncio, alcuni governi si sono affrettati a finalizzare gli ordini e hanno avviato colloqui di trattativa con Pfizer e BioNTech per essere tra i primi a ricevere le dosi. L’Unione Europea ha confermato martedì scorso di aver già ordinato fino a 300 milioni di dosi[3]. Di questi, la quota riservata all’Italia sarà il 13,51% del totale, ovvero 27 milioni di dosi[4].

Improponibile in paesi poveri o con infrastrutture precarie

Se già in paesi con reti logistiche avanzate e consolidate l’impresa risulta difficile e non priva di incognite, va da sé che il prezzo finale risulterà del tutto incompatibile con la capacità di spesa dei paesi più poveri. Anche in nazioni in via di sviluppo ed elevato tasso di crescita, come l’India, che conta ad oggi 8,69 milioni di casi e oltre 128.000 decessi da SARS-CoV-2, l’implementazione di un simile sistema di logistica appare del tutto irrealistico, tanto che il paese non ha alcun accordo per l’acquisto del vaccino BNT162b2. Molti operatori della sanità pubblica e dell’industria farmaceutica indiana hanno già espresso forte scetticismo sulla possibilità di adottare il vaccino Pfizer-BioNTech, sostenendo che l’India non dispone delle capacità necessarie per distribuirlo nel suo vasto entroterra rurale a una popolazione di oltre 1,3 miliardi di persone, rispettando i tempi ultraveloci richiesti per un vaccino altamente instabile come questo.

"La maggior parte di questi vaccini ha bisogno di meno 70 gradi, cosa che è del tutto impossibile in India. Scordatevelo", dice T. Sundararaman, coordinatore globale del People's Health Movement, un'organizzazione che riunisce attivisti locali con sede a Nuova Delhi. "Le nostre attuali catene del freddo non sono già in grado di far fronte al fabbisogno di vaccini contro il morbillo in alcuni distretti, e questo riguarda solo bambini di età inferiore ai 3 anni. Un numero di persone insignificante rispetto a quello dei pazienti che avranno bisogno di un vaccino Covid-19".

"Anche dimenticando il problema della conservazione sottozero, distribuire un vaccino in un breve lasso di tempo è un'impresa difficile, che richiede una formazione paramedica di massa per somministrare due dosi a ogni paziente", afferma Pankaj Patel, presidente della casa farmaceutica indiana Cadila Healthcare Ltd., che sta sviluppando il proprio
vaccino contro il plasmide dell'acido desossiribonucleico (DNA). "Ciò è particolarmente vero in aree in cui le persone non sono facilmente contattabili o devono percorrere lunghe distanze per raggiungere i centri di vaccinazione. Le campagne di vaccinazione passate mostrano che molti semplicemente non si sono mai presentati per il richiamo".

"Se dovessimo aspettare un anno in più, ma avere tra le mani un qualcosa che possiamo realisticamente distribuire al maggior numero di persone possibile in questo paese, sarebbe forse un cattivo compromesso?", si chiede Gagandeep Kang, professoressa di microbiologia al Christian Medical College di Vellore, in India, e membro del Comitato consultivo globale dell'OMS sulla sicurezza dei vaccini. "Sulla base del costo del vaccino Pfizer, della logistica di una cella frigorifera, non penso che siamo pronti. Credo che dobbiamo valutare molto attentamente costi e benefici", ha detto.

Basta una semplice analisi costi-benefici a sgonfiare il prematuro entusiasmo. Senza contare i rischi collaterali nel medio-lungo periodo

Gli esorbitanti investimenti infrastrutturali richiesti per la distribuzione del vaccino  BNT162b2 pongono i paesi più poveri di fronte a una scelta difficile: investire massicciamente oggi in una rete di logistica supermoderna ancor prima che il vaccino sia stato approvato, correndo il rischio che nel frattempo intervengano complicazioni impreviste, oppure attendere i risultati di altri vaccini, sacrificando tempo prezioso? È assai probabile che una semplice analisi costi-benefici spinga molti paesi a optare per la seconda opzione, anche perché ben presto dovrebbero essere disponibili altri vaccini convenzionali che utilizzano adenovirus come vettore (tra cui il vaccino russo sviluppato da Gamaleya). Oltre agli elevatissimi costi di investimento, vi sono poi considerazioni di carattere più strettamente scientifico legate alla sicurezza. I vaccini a mRNA o RNA messaggero, come il BNT162b2 sviluppato da Pfizer e BioNTech, sono una nuova classe di vaccini che, se da un lato apre prospettive indubbiamente rivoluzionarie dal punto di vista scientifico, dall’altro solleva fatalmente preoccupazioni per gli effetti collaterali a lungo termine, che non possono essere studiati oggi in modo affidabile. A nostro modesto giudizio, sarebbe auspicabile che le autorità sanitarie nazionali e il Ministro della Sanità valutassero attentamente l’opportunità di avvalersi di questo vaccino evitando ogni prematura euforia. Ciò alla luce non solo delle oggettive difficoltà di distribuzione che esso comporta, ma anche dell’assenza di studi indipendenti che ne confermino l’efficacia nelle fasce di età più a rischio e, non ultimo, delle incognite che esso solleva sul piano dei possibili effetti collaterali in un arco di tempo che nessuno studio scientifico è oggi in grado di valutare. Non varrebbe forse la pena aspettare e valutare altre opzioni, magari meno onerose sul piano finanziario e già ampiamente collaudate sul piano scientifico? Infondo, parliamo pur sempre di denaro pubblico e della salute di milioni di cittadini.

Condividi!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *