LA GERMANIA STUDIA UN MAXI SUSSIDIO PER LE BOLLETTE DELLE GRANDI IMPRESE

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I Verdi propongono 60 €/MWh fino al 2030 per gli energivori. Una misura asimmetrica, che avvantaggerà le grandi imprese a discapito delle famiglie e delle piccole imprese. Non è una novità per il sistema ordoliberale tedesco, che da sempre limita la domanda interna per privilegiare la competitività delle imprese, soprattutto quelle più dedicate all’export.

Fonte: Sergio Giraldo, La Verità, 9 maggio 2023


Il ministero dell’Economia tedesco è intenzionato a introdurre un sussidio per le grandi imprese energivore, imponendo un prezzo industriale dell’energia elettrica, fisso e pari a 60 euro/MWh. Nelle intenzioni, il provvedimento è teso a restituire competitività alle imprese tedesche, soprattutto a quelle manifatturiere, vittime del disastroso boom dei prezzi dell’energia verificatosi lo scorso anno.

Si tratta di una proposta che aleggiava da tempo e che era relativamente attesa, dopo che già lo scorso autunno il cancelliere Olaf Scholz aveva proposto un pacchetto di aiuti da quasi 200 miliardi di euro per la Germania. Criticatissimo all’epoca, soprattutto per l’atteggiamento da Marchese del Grillo adottato nei confronti dei partner europei («Io so’ io, e voi…»), alla fine il fondo per gli aiuti fu approvato, ma non utilizzato completamente. In complesso, secondo l’Istituto Bruegel, tra il settembre 2021 e il gennaio 2023 la Germania, al fine di mitigare gli effetti della crisi energetica, ha allocato fondi pubblici per 264 miliardi di euro, pari a 7,4 punti di Pil. L’Italia ha stanziato nello stesso periodo poco più di un terzo circa di tale cifra, ovvero 92,7 miliardi di euro, pari al 5,2% del Pil. La Francia mostra cifre simili all’Italia in valore assoluto: 92,1 miliardi, pari in questo caso al 3,7% del Pil francese.

La proposta di questi giorni arriva direttamente dal ministro dell’Economia e dell’azione per il clima, il Verde Robert Habeck. Si tratta di una misura asimmetrica, che avvantaggerà le grandi imprese a discapito delle famiglie e delle piccole imprese. Questa non è una novità, per il sistema ordoliberale tedesco, che si basa proprio su questo: limitare la domanda interna, cioè i consumi delle famiglie, e privilegiare la competitività delle imprese, soprattutto quelle più dedicate all’export.

Il sistema dei prezzi dell’energia elettrica e dei relativi carichi fiscali e para-fiscali (come gli oneri di sistema) è già sbilanciato in modo tale da favorire le imprese a discapito delle famiglie. In questo caso, si tratterebbe di un vero e proprio prezzo fisso di 6 eurocent al kilowattora (60 euro/MWh) fino al 2030, data in cui, secondo Habeck, le fonti rinnovabili saranno sviluppate tanto da consentire un calo strutturale dei prezzi dell’energia. Secondo il ministro tedesco, si tratterebbe di un ponte necessario alla competitività di quella industria di base che è responsabile del 76% dei consumi di energia elettrica e che allo stesso tempo rappresenta il 20% del Pil tedesco e il 15% dell’occupazione.

Nella visione del leader dei Verdi, si tratta anche di evitare la delocalizzazione di imprese tedesche che potrebbero trovare vantaggioso trasferire altrove le produzioni, in Paesi in cui l’energia costa meno. Il costo stimato della misura, a prezzi attuali, sarebbe di circa 25-30 miliardi di euro per i sei anni del programma. Il meccanismo sarebbe legato al prezzo spot, funzionando quindi come uno swap (prezzo fisso contro prezzo variabile). Il consumatore (grande azienda energivora) si approvvigionerà di energia elettrica da un qualunque fornitore a un prezzo indicizzato a mercato spot, cioè al mercato giornaliero. Se il prezzo spot di un giorno supera i 60 euro/ MWh (per esempio 85 euro/ MWh), sarà il meccanismo di sussidio a versare la differenza al fornitore (25 euro/ MWh), mentre il cliente pagherà 60 euro/MWh al fornitore. Questo varrà per l’80% dei consumi.

Nella bozza del documento circolata, Habeck (bontà sua) si è poi dichiarato consapevole del fatto che i partner europei possono vedere l’iniziativa tedesca come distorsiva della concorrenza nel mercato interno. Per questo, il governo tedesco, a detta di Habeck, vorrebbe «entrare in uno scambio costruttivo con la Commissione europea su tutte le questioni rilevanti per la concorrenza della proposta».

La bozza si spinge sino alla creazione di un fondo simile al Sure, che potrebbe essere utilizzato da tutti i paesi dell’Unione per avviare meccanismi simili. Naturalmente, le imprese tedesche si sono dichiarate elettrizzate dall’idea. L’Amministratore delegato di Volkswagen, Oliver Blume, aveva già chiesto al governo di intervenire per mantenere i prezzi dell’energia sotto i 7 centesimi a kilowattora, limite sopra il quale l’industria europea non è competitiva. Ha pensato il ministro delle finanze, il liberale Christian Lindner, a smorzare gli entusiasmi. Già venerdì scorso un portavoce del ministero delle finanze aveva affermato laconicamente che «non esistono fondi per questo progetto». Poi il ministro stesso, in un articolo su Handelsblatt, ha bollato il sussidio come imprudente e contraddittorio.

Anche dalla cancelleria di Olaf Scholz trapela un certo distacco dall’iniziativa dei Verdi, che suona come una sconfessione dell’operato del ministro dell’Economia. Le incomprensioni e le dispute all’interno del governo di coalizione sembrano proseguire, insomma. A meno che si tratti di una strategia, che consiste nel lanciare il sasso ed aspettare per vedere cosa succede. Non sarebbe la prima volta.

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