IL “CONSENSO INFORMATO” AL TRATTAMENTO SANITARIO SOTTO LA VIGENZA DELL’OBBLIGO VACCINALE ANTI SARS-COV-2

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Il consenso a un trattamento sanitario non può essere mai espresso in forma libera, se rilasciato in presenza di un obbligo di legge il cui inadempimento è sanzionato con la sospensione di diritti fondamentali riconosciuti inviolabili e garantiti da Convenzioni Internazionali e dalla Carta costituzionale.

 

Avv. Claudio Cuzzini, Osservatorio Legale Effetti Avversi da Vaccini (E.A.V.)

Con i decreti-legge 1° aprile 2021, n. 44 (istitutivo dell’obbligo vaccinale) e 22 aprile 2021, n. 52 (istitutivo della certificazione verde), il legislatore italiano ha sostenuto e dato forma a un impianto giuridico volto a garantire la piena efficacia della campagna di somministrazione obbligatoria di farmaci per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2 che, al momento dell’immissione in commercio, non avevano completato fondamentali fasi sperimentali così come, invece, avviene nelle procedure autorizzazione standard.

La normativa, emanata nel contesto dell’emergenza sanitaria dichiarata con delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, ha avuto lo scopo di somministrare i suddetti farmaci alla maggior parte della popolazione imponendone l’obbligo, almeno per alcune categorie di lavoratori (come per il comparto sanità, difesa e pubblico impiego) e alle persone con oltre 50 anni di età. L’eventuale inadempimento è stato sanzionato con la sospensione dall’esercizio dell’attività lavorativa, con una sanzione amministrativa di € 100,00 e con invasive limitazioni della libertà di circolazione e di utilizzo di servizi concesse solo ai titolari di certificazione verde.

In questo contesto di compressione e compromissione di alcune libertà fondamentali, milioni di persone si sono trovate nella condizione di dovere esprimere il consenso alla somministrazione di farmaci come imposto dai decreti-legge sopra richiamati.

Sappiamo, inoltre, che l’obbligo a un determinato trattamento sanitario può essere imposto non tout court ma, in applicazione del comma 2 dell’art. 32 della Costituzione, solo a fronte del rispetto di rigorose garanzie come affermato chiaramente dalla Corte costituzionale con la sentenza 22 giugno 1990, n. 307 secondo cui, appunto, la costituzionalità degli interventi normativi che dispongono l’obbligatorietà di determinati trattamenti sanitari è garantita quando: a) il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri; b) un trattamento sanitario può essere imposto solo nella previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario, e pertanto tollerabili; c) che comunque venga assicurato, a carico della collettività, e per essa dello Stato che dispone il trattamento obbligatorio, il rimedio di un equo ristoro dell’eventuale danno patito; d) che la legge impositiva di un trattamento sanitario o di esecuzione materiale del detto trattamento devono essere accompagnate dalle cautele o condotte secondo le modalità che lo stato delle conoscenze scientifiche e l’arte prescrivono in relazione alla sua natura. E fra queste va ricompresa la comunicazione alla persona che vi è assoggettata, o alle persone che sono tenute a prendere decisioni per essa e/o ad assisterla, di adeguate notizie circa i rischi di lesione (o, trattandosi di trattamenti antiepidemiologici, di contagio), nonché delle particolari precauzioni, che, sempre allo stato delle conoscenze scientifiche, siano rispettivamente verificabili e adottabili.

Sul consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto, vi è da dire che, sempre secondo la Corte costituzionale, esso si configura quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi nell’art. 2 della Costituzione, che ne tutela e promuove i diritti fondamentali, e negli artt. 13 e 32 della Costituzione, i quali stabiliscono, rispettivamente, che «la libertà personale è inviolabile», e che «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge». Il consenso ai trattamenti sanitari è previsto e garantito oltre che dalla normativa nazionale con l. 22 dicembre 2017, n. 219, da Convenzioni internazionali direttamente applicabili nel nostro ordinamento. L’art. 24 della Convenzione sui diritti del fanciullo, firmata a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176 dispone che «tutti i gruppi della società in particolare i genitori ed i minori ricevano informazioni sulla salute e sulla nutrizione del minore»; l’art. 5 della Convenzione sui diritti dell’uomo e sulla biomedicina, firmata ad Oviedo il 4 aprile 1997, ratificata dall’Italia con legge 28 marzo 2001, n. 145, prevede che «un trattamento sanitario può essere praticato solo se la persona interessata abbia prestato il proprio consenso libero ed informato»; l’art. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, sancisce, poi, che «ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e psichica» e che nell’ambito della medicina e della biologia deve essere in particolare rispettato, tra gli altri, «il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla legge». (Corte costituzionale, sentenza 438/2008).

In Italia dal mese di dicembre 2020, con l’inizio della campagna di prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2, il modulo di consenso informato che viene utilizzato, reperibile dal seguente link  https://www.governo.it/it/dipartimenti/commissario-straordinario-lemergenza-covid-19/16500 (versione aggiornata e in uso al mese di marzo 2021) non contiene alcune informazioni fondamentali affinché ciascun individuo possa effettivamente operare una scelta libera e informata. Ci riferiamo alla mancata indicazione delle reazioni avverse anche gravi, compresi i decessi, validati da Aifa secondo l’algoritmo dell’OMS (di cui parleremo in altre occasioni), parliamo ancora della mancata indicazione delle segnalazioni di sospette reazioni avverse contenute nelle banca dati dei Paesi dell’Unione europea EudraVigilance https://www.adrreports.eu/it/index.html e parliamo del fatto che nel consenso informato non viene espressamente indicato che i farmaci sono stati prodotti per la prevenzione dalla malattia Covid-19 causata da SARS-CoV-2 e che non hanno efficacia per interrompere o prevenire la trasmissione dell’infezione SARS-CoV-2. Concludiamo, inoltre, sostenendo che la manifestazione del consenso non può essere mai espressa in forma libera, in presenza di un obbligo di legge il cui inadempimento è sanzionato con la sospensione di diritti fondamentali riconosciuti inviolabili e garantiti da Convenzioni Internazionali e dalla Carta costituzionale.

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